BRATTA
CORDELIA
con illustrazioni di EDOARDO DALBONO
MILANO
BIBLIOTECA
NAZIONALE
Romanzi
1765
MILANO
BRAIDENSE
NEL REGNO DEI,LE FATE.
OPERE di CORDELIA
(Udizioni Theves)
RACCONTI e BOZZETTI.
Il regno della donna (1879). 7. a edizione.L. 2 —
Prime battaglie (1879). 4. a edizione.2 —
Vita intima (1880). ll. a edizione.1 —
Dopo le nozze (1881). 3. a edizione.3 —
._ I nostri figli (1894). 2. a edizione in formato bijou .3 —
Racconti di Natale (1884). 3 50
-Ediz. ili. da Dalbono, Macchiati e Colantoni (1885). 5.° migl. 4 —
Alla ventura. Illustrato da Gennaro Amato (1889). 2. a edizione . 4 —
Casa altrui (1890). 12. a edizione.1 —
-Edizione illustrata da Ed. Matania e da V. Bignami (1883). 3 —
All’aperto, bozzetti campestri illustrati da A. Ferraguti, E. Nardi
e G. Amato (1891). 2. a edizione.4 —
Nel Regno ddle Chimere, novelle fantastiche. Con fregi di G. K.
Chiorino (1898). 3 -
- Ediz. in-8, con 24 dis. di Amato, Dalbono e Ferraguti (1899) 5
Verso il mistero (1905). 3 50
ROMANZI.
Catene (1882). 8. a edizione.3 50
-Edizione illustrata da Antonio Bonamore (1891). 3. a edizione. 4
Per la gloria (1886). 2. a edizione.3 50
Forza irresistibile (1886). 2. a edizione.3 50
Jl mio delitto (1890) 5. a edizione. .1 —
-Edizione illustrata da G. Colantoni (1892). 3 —
Per vendetta (1893). 5." edizione.1 —
-Edizione illustrata da R. Armenise e A. Ferraguti (1894) . 4 —
L'Incomprensibile (1900). 3. n edizione.3 —
LIBRI PER I RAGAZZI.
— Piccoli eroi (1891). 51. a edizione in-16.2 —
-Edizione in-8 grande, con 36 disegni di A. Ferraguti (1892). 4 —
Mondo Piccino. Con 15 incisioni (1880). 7 a edizione.1 —
Mentre nevica. Con 7 incisioni (1881). 6 a edizione.2 —
-Nel regno delle Fate. Illustrato da Edoardo Dalbono (1883). 4. a ed. 7 50
Il Castello di Barbanera. Illustrato da D. Paolocci (1887). 2. a ed. 2 —
-Edizione di lusso (1883). 2. a edizione.4 — (
1 nipoti di Barbabianca. Illustr. da Edoardo Matania (1885). 2. a ed. 4 —
__Teatro in famiglia, commedie per i giovani. Un voi. in-8 illustrato
da 18 dis. di G. Amato, Sophie Browne e A. Ferraguti (1896). 2 50
Gringoire, opera in un atto, parole di Cordelia, musica di Antonio
Scontrino. Riduzione per canto e pianoforte (1890). 5 —
NEL
F I A B E
CORDELIA
con illustrazioni di EDOARDO D ALBO N O
FRATELLI TREVES, EDITORI
I 9 I I
Quarto Migliaio.
1 diritti
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PROPRIETÀ LETTERA RIA ED ARTISTICA.
di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti
(tesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l’Olanda.
Milano. - Tip. Treves - 1010.
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L’UCCELLINO AZZURRO.
C’era una volta, nel Regno
del Ghiaccio, un re e una re¬
gina, i (juali non potevano darsi
pace vedendo che la loro unica
liglia, la principessa Rosalinda,
era malinconica e piangeva sem¬
pre. Prima pensarono che avesse
una malattia, e chiamarono a
consulto i migliori medici del regno, ma dissero che la
principessa era sana e non seppero suggerire alcun ri¬
medio. Il re e la regina erano desolati.
L 'im
La principessa stava sempre chiusa nella sua camera.
Nel regno delle Fate. 1
a
NEL SEGNO DELLE FATE
avvolta in una immensa pelliccia e guardava fuori dalla fine¬
stra come se. aspettasse qualcuno. Il Regno del Ghiaccio
non era punto allegro ; si vedevano soltanto case di neve,
montagne di ghiaccio, uomini impellicciati che correvano
dal freddo, orsi bianchi, foche ed altre simili bestie.
Ma la principessa seguitava a guardar fuori cogli occhi
lagninosi.
— Chi aspetti? — diceva il re.
— Aspetto un i‘aggio di sole, — rispondeva la prin¬
cipessa.
Ma il raggio di sole non si mostrava e la principessa
piangeva, piangeva tanto che faceva pena.
Un giorno era più malinconica del solito e continuava
a guardar fuori dalla finestra. Infuriava un vento impetuoso
che portava intorno turbini di neve; tutt’ad un tratto la
principessa ode un lamento, apre la finestra e una raffica
di vento porta nella stanza un uccelletto intirizzito e quasi
morto dal freddo. Queiruccelletlo era hello hello, colle penne
azzurre come in quel paese non ne avevano nemmeno
un’idea. La principessa n’ebbe compassione, lo prese e se
lo mise in seno per riscaldarlo.
L’UCCE OLINO AZZURRO
Uccellino, bell’uccellino.
Da dove vieni, così bellino?
disse la principessa mentre lo accarezzava colle sue ma¬
nine bianche come la neve.
L’uccellino azzurro nel Regno del Ghiaccio,
Piripipì, dal paese del sole,
Dove fioriscono e rose e viole,
rispose ruccellino; e la principessa neH’udir nominare il
paese del sole, quello che vedeva sempre nei suoi sogni,
sentì il cuore darle un balzo, prese a volere un gran bene
a queiruccellino e volle che le raccontasse le meraviglie
del suo paese.
4
NEL REGNO DELLE FATE
Egli allora cominciò a raccontarle tante licite cose, ed
essa stava ad ascoltarlo a bocca aperta, come voi, miei
piccini, quando vi racconto delle liabe.
Intanto rucccllino azzurro narrava come nel suo paese
Vennero chiamati a consulto i migliori medici del regno.
ci fossero degli alberi fioriti, dei boschetti verdi, degli uc¬
celletti dalle penne rosse, verdi, azzurre, che cantavano
allegramente, c poi tante altre meraviglie, e come fosse
tutto illuminato dal sole coi raggi d’oro che metteva in
cuore l’allegria.
1/UCCELLINO AZZURRO
La principessa volle che l’uccellino le cantasse una can¬
zone, ma egli in quel regno triste non sapeva cantar altro clic
Piripipì, fanciulla cortese,
Fammi tornare al mio paese,
Dove fioriscono e rose e viole,
Fammi tornare al paese del sole.
I n giorno, la principessa gli domandò notizie del re
e della regina del suo paese.
( E l’uccellino, che non desiderava di meglio, le raccontò
che il re era cattivo, a segno che un giorno montò sulle
furie e uccise la regina, poi tormentava sempre il principe
Leone suo figlio, perche gli volea far sposare la princi¬
pessa delle tigri, ed egli non la voleva.
— E dimmi: è buono il principe Leone? — chiese
la principessa Rosalinda.
— È buono, generoso e bello come il sole, — rispose
l’uccellino.
— 11 principe Leone voglio sposarlo io, — disse la
principessa. / j
L’uccellino all’udire quelle parole si mise a saltare dalla
gioia, e da quel momento non fece altro che parlarle del
paese del sole e del principe Leone.
8
NEI, LIBRO DELLE FATE
Un giorno la principessina Rosalinda disse al padre:
— Hai voglia di vedermi allegra?
— Darei la mia vita per questo, — rispose il re.
— Ebbene lasciami sposare il principe Leone.
Visto che il principe Leone era di sangue reale, il
re non aveva nulla in con¬
trario ; soltanto non sapeva
come andrebbe dal principe
Leone per proporgli la sua
figlia in isposa.
—0 mi sposi col prin¬
cipe Leone o voglio morire,
— gli diceva sempre la prin¬
cipessa Rosalinda.
Il re allora, per conso¬
larla, pensò di mandare un messo al paese del sole.
Il messo parti con una numerosa scorta, e la princi¬
pessa era impaziente che ritornasse colla risposta.
— Quanto tempo ci vorrà? — chiedeva al suo uccellino.
— Se passa un anno, un mese, un giorno, e il messo
non ritorna, vuol dire che non ritorna più, — rispondeva
l’uccellino.
Il ve del Regno del Sole.
1/UCCELLINO AZZURRO
9
Passò un anno, un mese, un giorno, e il messo non
si vide ritornare.
— Rinuncia a questo matrimonio, — disse il re alla
principessa
Il principe Leone.
— 0 sposo il principe Leone, o voglio morire.
Il re mandò un altro messo al paese del sole.
Passò un altro anno, un altro mese, un altro giorno
e il messo non ritornò.
Nel regno delle Fate. o
‘~™«nnnnnnnnnnnonon«inaonMffl
10
NEL PELNO DELLE FATE
— Rinuncia a questo matrimonio, — disse di nuovo
il re alla figlia.
— 0 sposo il principe Leone, o voglio morire ; — ri¬
spose la principessa.
Il re decise di mandare un terzo messo, ma questa
volta volle andare con tutto il suo seguito sulla torre più
Gli ambasciatori ranno nel Re^no del Sole.
alta del regno e coi canocchiali lunghi un miglio seguire
il messo e vedere ciò che gli accadeva per via.
Anche la principessa volle andare colle sue damigelle
in cima alla torre per vedere coi canocchiali se poteva
scoprire ciò che accadeva ai messi che mandava nel paese
del sole.
Quando il messo fu spedito colla relativa scorta, an-
i/UCCELLINO AZZURRO
11
darono tutti sopra la torre e s’impellicciarono ben bene
per poter reggere al freddo, poi cominciarono a guar¬
dare nei canocchiali lunghi un miglio e a seguire il messo
che s’avviava verso il Regno del Sole.
Lo .videro infatti camminare, camminare, e andar lon¬
tano fin dove si scorgeva un certo chiarore che dovea essere
un raggio di sole ; poi ad un certo punto lo videro togliersi
tutti i vestiti e lasciarli per via, e l’istessa cosa fare gli
uomini della scorta. Pareva che avessero molto caldo, per¬
che andavano avanti a stento.
Quando furono più innanzi, proprio nel paese del sole,
rimasero dolorosamente sorpresi, perchè videro il messo e
la scorta dileguarsi tutti, salire in cielo come un gran fumo
e perdersi fra le nuvole.
— Il caldo li ha liquefatti, — dissero i saggi del regno.
— Il Regno del Sole è per noi inaccessibile, — sog¬
giunsero gli altri, — siamo di gelo, e quando ci si arriva,
ci dileguiamo, e di noi non resta più nulla.
— Ora li sarai persuasa, — disse il re alla figliuola,
— che devi rinunciare a questo matrimonio.
— Se nessuno ha coraggio d’andare nel Regno del
Sole, ci andrò io, — disse la principessa.
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Guardarmi) coi canocchiali dalla più alta torre del regno (pag. 11).
E se svapori come i messi clic abbiamo mandato?
È meglio la morte clic vivere sempre in mezzo a
l’uccellino azzurro
13
Il re e la regina piangevano all’idea che la principessa
Rosalinda volesse andare nel Regno del Sole a trovare
una morte certa, e cercavano di persuaderla a rimanere
Lo lagrime si erano gelate.
nel suo paese; ma essa, quando avea detto una cosa,
non si lasciava più smuovere, dovea esser quella, e co¬
minciò a fare i preparativi per la partenza.
(I
— Ti aiuterò io, — le diceva l’uccellino azzurro, —
e vedrai che ti farò entrare salva nel Regno del Sole.
14
NEL REGNO DELLE FATE
E saltava, e cantava dalla gioia al pensiero di riveder
presto il suo paese.
Il re e la regina piansero tanto all’idea di staccarsi
dalla loro figlia che le lagrime si erano gelate sulla loro
faccia, e parevano due statue di ghiaccio.
La principessa volea col suo fiato far disciogliere quelle
lagrime, ma l’uccellino azzurro le disse:
— Lascia stare, ora sono due statue e non sentono
nulla, e non soffrono per la tua assenza; quando avrai
sposato il principe Leone, li faremo rivivere e saranno
contenti di rivederti.
La principessa, che dava sempre retta al suo uccellino,
cosi fece, poi si mise in viaggio colle sue damigelle e colla
sua slitta tirata da due bellissimi orsi bianchi e tutta co¬
perta di pelliccie.
Il suo amico, l’uccellino azzurro, lo teneva in seno,
perchè con quella temperatura, alla quale non era avvezzo,
tremava dal freddo.
E cammina, cammina, cammina, attraversarono in si¬
lenzio tutto il Regno del Ghiaccio, perchè, se avessero par¬
lato, tutte le parole si sarebbero gelate, tanto era il freddo
che faceva in quel regno, e finalmente, dopo aver camini-
1/ UCCELLINO AZZURRO
15
il quale si sentiva tutto consolare all’idea di avvicinarsi al
suo paese.
La principessa gettò via le pellicce ed il suo esempio
fu seguito anche dalle damigelle.
— Non c’c più neve e la slitta non va più, — sog¬
giunse la principessa.
nato per un bel pezzo, videro spuntare in distanza un
raggio di sole.
Quando furono ad un certo punto., la principessa disse :
— Ho caldo,
— Getta via le pellicce, — disse l’uccello azzurro.
E cammina, cammina, cammina (pag. 14).
16
NEL REGNO DELLE FATE
L’uccellino saltò fuori, toccò col becco la slitta, clic
si trasformò subito in una stupenda carrozza tirata da due
bellissimi cavalli bianchi.
— Ora entriamo nel Regno della Primavera, — disse
l’uccellino azzurro; — posso star fuori anch’io.
Si posò sulla spalla della principessa e cominciò a can¬
tare con una voce tanto soave che la principessa e tutto
il suo seguito stavano ad ascoltarlo a bocca aperta.
Intanto la carrozza correva, correva in mezzo ai campi
fioriti, ai boschi ombreggiati, dove una quantità d’uccelli
di tutti i colori cantavano le più gaie canzoni.
Quando furono ad un certo punto, la principessa disse:
— Muoio dal caldo, uccellino mio.
Egli toccò subito col becco il vestito della principessa,
clic si cangiò in un leggerissimo abito di velo.
' ' La principessa prosegui ancora un poco la sua via,
poi ricominciò a dire con un (il di voce:
— Muoio dal caldo, uccellino mio.
E ruccellino le disse:
— Staccami una penna.
La principessa ubbidì c la penna dell’ uccellino si
trasformò in un immenso ventaglio.
Ij UCCELLINO AZZURRO
17
— Staccamene un’altra; — continuò l’uccellino.
La principessa ubbidì ancora, e la
penna si cambiò tosto in un immenso
ombrellino che potò ripararla dai raggi
del sole, insieme a tutto il suo sèguito.
Poi l’uccellino cortese si lasciò
strappare le penne anche dalle dami-
Entrano nel regno della Primavera.
gelle della principessa, così ognuna potò avere un bellis¬
simo ventaglio. \ i
— Come è bello questo sito ! — esclamò la princi¬
pessa vedendo intorno a sè stendersi uno splendido giar¬
dino tutto borito che terminava in riva ad un mare azzurro
come il cielo.
jVel regno delle Fate
a
18
NEL REGNO DELLE FATE
— Se ti piace questo luogo, puoi rimaner qui, bella
principessa, — le disse l’uccellino. — Io andrò intanto
nel paese del sole a vedere che cosa c’è di nuovo e ti
porterò notizie del principe Leone.
— Va, mio caro uccellino, ma bada di ritornar presto
— disse la principessa.
— Sarò di ritorno prima che tramonti il sole.
Sì dicendo, volò via verso il Regno del Sole.
La principessa, che cominciava ad abituarsi a quel te¬
pore primaverile, volle scendere dalla carrozza per cogliere
i fiori che vedeva sul suo cammino.
Cominciò a coglierne, aiutata dalle damigelle, e ne colse
tanti che presto la sua carrozza ne fu tutta piena.
Essa non avea mai veduto fiori cosi belli ed era in¬
cantata nel contemplarli, e per odorarne il soave profumo
tuffava il naso nelle rose, s’incoronava di gelsomini e si
copriva il vestito di violette.
Anche le sue damigelle correvano, saltavano e s’in¬
ghirlandavano di fiori.
Di lì a poco la principessa vide venirle incontro
una schiera di fanciulle tutte adorne di fiori, che le
dissero:
L'UCCELLINO AZZURRO
19
— Principessa, bella principessa, vuoi essere la nostra
regina?
— Ben volentieri, se il principe Leone acconsentirà
ad essere vostro re. Ma ditemi, care fanciulle, non avete
regina nel vostro paese?
Non aveva mai veduto fiori così belli (pag. 18).
— È morta da tanto tempo ; ma perchè abbiamo’esi-
liate le fate dal nostro regno, esse ci condannarono a
stare dieci anni senza regina. Ora dieci anni sono passati,
e siamo venute ad offrirti la nostra corona.
Sì dicendo, le presentarono una corona di fiori.
— E perchè avete offerta a me la vostra corona ? —
chiese la principessa.
20
NEI, REGNO DELLE FATE
— Perchè sei bianca come la neve, fredda come il
ghiaccio e bella come il sole ; e cosi deve essere la nostra
regina. Ora hai tempo sei mesi a deciderti se accetti la
nostra offerta, altrimenti ne sceglieremo un’altra. Addio,
bella principessa.
E si dileguarono per la campagna, ballando e cantando
allegramente c spargendo fiori sul loro sentiero. Verso l’ora
del tramonto, ritornò l’uccellino azzurro.
— Uccellino, bell’uccellino, die notizie porti del mio
principino ?
— Cattive notizie, principessa bella: non ha voluto
sposare la principessa delle tigri, e il re, suo padre, l’ha
fatto mettere in prigione.
La principessa divenne tutta mesta a quelle notizie.
— Non temere, principessa, — le disse l’uccellino. —
Ho parlato di te al principe, ed egli vuol sposarli ad ogni
costo, ed ora, perchè tu possa sfuggire all’ira del re suo
padre, che ti ucciderebbe se ti sapesse ai confini del suo
regno, m’ha raccomandato di metterti sotto la protezione
della sua madrina, la fata del mare.
— Farò la volontà del mio principe, — rispose la
principessa : — basta che tu non lo abbandoni.
l’occellino azzurro
23
— Affidati a me, che non lo abbandonerò; ma in¬
tanto tu va in riva al mare, e quando vedrai venire una
bella fata in una conchiglia di madreperla, chiedile aiuto
-a nome del principe Leone e ti aiuterà.
Si dicendo volò via.
La principessa andò col suo seguito in riva al mare,
e là, seduta sopra uno scoglio, piangeva pensando alla
sorte del principe Leone.
Tutt’a un tratto vide in distanza come uno splendore
rompere le tenebre della notte, e avanzarsi lentamente una
conchiglia di madreperla trascinata da due delfini e illu¬
minata da un raggio di luna: conduceva una bella fata
col vestito di aria adorno di perle, e tanto bella che pa¬
reva un occhio di sole.
Quando fu vicina alla riva, la principessa disse :
— Sei tu la fata marina?
— Chi mi chiama? — chiese la fata.
— Sono io, la principessa Rosalinda.
— Chi ti manda?
— Il principe Leone.
— Seguimi, e ti salverò.
Si dicendo, la fata marina proseguì il suo viaggio.
24
NEI, REGNO DELLE VATE
La principessa non avea coraggio di seguirla e gettarsi
in mare, perchè temeva d’affogare; ma udì venire dal cielo
una voce che le parve quella dell’uccellino azzurro e le
diceva :
Pio pio, fa quel che dico io.
l’ina pina, segui la fata marina.
Allora si fece coraggio e si gettò in mare seguita da
tutte le sue damigelle.
Al primo momento le parve di perdere i sensi; non
vedeva e non udiva più nulla e si trovava come cullata
dalle onde; ma quando potè finalmente aprirgli occhi, si
trovò nel profondo del mare, in un palazzo di cristallo,
con tutto il suo seguito, seduta presso una tavola dove
erano preparati dei cibi squisiti.
Intorno alla tavola giravano delle belle fanciulle coi
vestiti adorni di perle e coralli, che versavano nelle coppe
di madreperla dei vini eccellenti.
La principessa chiese loro notizie della fata marina,
ma erano mute come i pesci e non potevano parlare, es¬
sendo anch’esse liglie del mare.
La principessa era impaziente di saper qualche cosa
L’iCCELLINO AZZIRKO
del suo principe, e vedendo, che nessuno rispondeva alle
sue domande, se ne stava in un angolo tutta malinconica,
come quando era nel Regno del Ghiaccio.
Non poteva nemmeno vedere la fata marina, perchè
di giorno scompariva, e quando tramontava il sole girava
il mare nella sua conchiglia, e sebbene passasse continua¬
mente davanti al palazzo di cristallo, non si fermava mai
e proseguiva la sua via.
Intorno al palazzo di cristallo giravano pesci di tutte
le specie, ora grandi come giganti, ora piccini come for¬
miche; qualche volta accadevano dei combattimenti nei
quali i grandi mangiavano i piccoli, poi v'erano conchiglie,
molluschi, alberi di corallo, tutto un mondo che viveva là
sotto, ma la principessa non si divertiva ad assistere a
quello spettacolo, perchè pensava sempre al suo principe
chiuso in prigione.
Un giorno udì l’uccellino azzurro che la chiamava.
— Principessa, bella principessa!
— Che notizie mi dai del principe Leone? — chiese
la principessa.
— È ancora in prigione, ma questa notte andrò a
liberarlo; intanto il re delle tigri ha dichiarata la guerra
Xel regno delle Fate. 4
26
NEL REGNO DELLE FATE
al re del Regno del Sole, perché il principe Leone non
ha voluto sposare la sua figliuola, e domani le tigri e i
leoni usciranno a combattere.
— Vieni a raccontarmi tutto quello che succede, uc¬
cellino mio, — disse la principessa; — non lasciarmi
morire dall’incertezza.
— Si, ma prima ti condurrò il principe, perchè mentre
fanno i preparativi per la guerra andrò a liberarlo.
Quando venne la notte ruccellino andò, come avea
promesso, a trovare il principe Leone, col suo becco ruppe
le sbarre di ferro della finestra, e fece saltare in mare il
principe, il quale fu accollo dalla fata marina, e lo portò
nel palazzo di cristallo dove stava chiusa la principessa
Rosalinda.
11 principe Leone era moro come tutti gli abitanti del
Regno del Sole e quando la principessa lo vide rimase
sorpresa non avendo mai veduti uomini neri e non osava
avvicinarsi a lui: ma poi lo trovò tanto buono e gentile
che non badò più al color della faccia e prese ad amarlo
tanto che divenne subito più allegra e contenta; soltanto
s’annoiava di star sempre sott’acqua, e auguratasi che
venisse il momento di tornar sulla terra.
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La battaglia dei leoni o delle tigri.
r/ uccellino azzurro
29
Ma dovevano aspettare che terminasse la guerra col
re delle tigri, altrimenti correvano rischio d’essere sbranati
da quegli animali feroci.
Intanto aspettavano che venisse l’uccellino azzurro a
portar loro le notizie di ciò che accadeva sulla terra.
if L’uccellino s’cra posto sull’albero più alto per assistere
al combattimento.
Prima vide venire le tigri in ordine di battaglia da
una parte, c dall’altra una lunga schiera di leoni, poi
li vide farsi mano mano piti vicini e saltarsi addosso
con un impeto terribile clic fece tremare la terra : poco
dopo cominciarono a sbranarsi c a distruggersi, al punto
che il sangue scorreva a torrenti e allagava tutta la cam¬
pagna.
Se i leoni erano più forti, le tigri erano più feroci,
e quel primo giorno l’esito della battaglia rimase incerto.
' Il principe Leone, clic seppe tutto dall’uccellino, non
potè più star tranquillo c volle ad ogni costo correre in
aiuto di suo padre.
— E se ti mette ancora in prigione? — disse la
principessa.
— Egli non lo farà, — rispose il principe. — E le-
30
NEL KEGNO DELLE FATE
roce, ma generoso ; vedendo che vado ad aiutarlo egli mi
perdonerà.
— Prendi almeno questa bacchettimi, — gli disse la
fata del mare, — forse potrà servirti.
Sì dicendo gli diede una bacchettina di sale. Quando
il principe si trovò di nuovo sulla terra, sempre tenendo
in mano la bacchettina, vide che tutte le pecore eh’erano
sparse per i prati lo seguivano.
— Voi venite al macello, — disse loro.
, Beeh beeli beeh,
Veniamo per te,
rispondevano in coro quelle pecore, e intanto la loro schiera
si andava ingrossando.
— Voi venite al macello, — continuava a dire il
principe.
Beeh beeh heeh,
Veniamo per te.
Ci facciamo sbranare
Per la festa del mare,
E la schiera s’ingrossava tanto che il principe Leone
pareva un pastore seguito da tutte le pecore che c’erano
sulla terra.
l’uccelltno azzurro
31
Quando giunse sul campo di battaglia le sorti pende¬
vano ancora incerte e al suo arrivo si fece un po’ di scom¬
piglio fra le schiere dei combattenti. I leoni diedero un’oc-
chiata a tutte quelle pecore, ma non si mossero; le tigri
invece, ingorde di carne di pecora, abbandonarono il com¬
battimento e cominciarono a menar strage in mezzo al
mucchio di pecore.
I leoni colsero prontamente quell’occasione per andare
addosso alle tigri con maggior forza, le sbranarono tutte
ed ebbero vittoria completa.
/ t
II re del Regno del Sole quando s’accorse ch’era stato
il figlio a portargli quell’aiuto inaspettato, gli corse incontro,
gli gettò le braccia al collo e gli disse:
— Ora che mi hai fatto vincere la battaglia, domanda
la grazia che vuoi ; fosse pure il mio regno, ti giuro che
l’avrai.
— Voglio sposare la principessa Rosalinda, — disse
il principe Leone.
— Sia fatta la tua volontà, — rispose il re.
E ordinò che si allestisse il più splendido carro trion¬
fale tirato da quattro leoni per andar a prendere la prin¬
cipessa Rosalinda.
32
NEL REGNO DELLE FATE
La principessa era stata avvertita di tutto dall’uccelline
ed aspettava il re seduta sopra uno scoglio circondata da
lutto il suo sèguito.
Gli gettò le braccia al collo (pag. 31).
Il re rimase abbagliato dalla bellezza della principessa
e le disse inchinandosi:
— Sarai la perla del mio regno.
Ma essa rispose ringraziando, e disse che preferiva ac-
I.TCCEU.JNO AZZIRRO
35
celiare la corona che crale stata offerta nel Regno della
Primavera, perchè non avrebbe potuto sopportare il caldo
del Regno del Sole.
— Sia fatta la tua volontà, — disse il re: — vuol
dire che vivremo da buoni vicini.
E mandò dei messaggi perchè nel Regno della Pri¬
mavera facessero i preparativi per ricevere il loro re e la
loro regina.
La principessa Rosalinda volle però andar prima a
prendere i suoi genitori che aveva lasciati cambiati in due
statue di ghiaccio; e quando li ebbe portali nel Regno
della Primavera il ghiaccio si disciolse come per incanto
e si trovarono in un palazzo fiorito accanto alla loro fi¬
gliuola che avevano creduta morta; e si misero a ballare
dalla gioia.
Nel medesimo tempo nel Regno della Primavera si
fecero splendide feste per le nozze del principe Leone e
della principessa Rosalinda e per la loro incoronazione.
Dove passavano era una pioggia di fiori, da per tutto
archi trionfali e cori d’uccelletti che cantavano
l’ina pina pina,
Evviva la nostra regina!
NEL REGNO PELLE FATE
e di pecore che belavano
P.eeh beeli booti.
Evviva il nostro ve!
Ci furono poi pranzi, feste e cene dove tutti mangia¬
rono a crepapelle. Finite le feste, il Regno del Sole ritornò
alla sua Reggia, e cosi fecero il re e la regina del Regno
del Ghiaccio, e i due sposi restarono nel Regno della Pri¬
mavera, allegri e contenti, e noi ci lasciarono a bocca
asciutta a leccarci i denti.
L’ISOLA INCANTATA.
mangiare ai suoi due figliuoli : Bruno e Biancolino.
Una notte non aveva trovato nulla in casa ed era an¬
dato a letto senza cena, ma non dormiva, pensando che
il giorno appresso in causa dei figliuoli ai quali doveva ba¬
dare, non poteva nemmeno cercarsi lavoro per guadagnar
qualche cosa, prese la risoluzione di condurli lontano in
un bosco e abbandonarli alla loro sorte.
“Forse qualche buona lata, vedendoli soli, avrà com¬
passione di loro,,, pensò il povero uomo; “ in ogni modo
con me morrebbero^cerlo; ò meglio tentare la sorte..,
Appena giunta l’alba, disse ai figliuoli:
//
40
NEL REGNO DELLE FATE
— Presto alzatevi che dobbiamo andare a passeggio.
^ Essi si vestirono tutti contenti c se n’andarono col
loro babbo, che li prese per mano e li condusse lontano
lontano finché trovò un bosco tanto fitto dove non entrava
un raggio di sole.
CO
Quando fu in mezzo al bosco disse ai figliuoli:
— Mi pare che dovete esser stanchi.
— Si, babbo. — risposero Bruno c Biancolino.
— Ebbene, mettiamoci ora a dormire sull’erba:
(piando ci saremo riposati continueremo la nostra strada.
Cosi fecero: ma appena i fanciulli furono addormen¬
tati, egli s’alzò pian piano e andò a cercarsi lavoro, ab¬
bandonando i suoi figliuoli, senza voltarsi indietro e senza
versare una lagrima.
“Già, tanto con me morivano certo,., disse, c prosegui
la sua via, non pensando pili ai lìgli che lasciava soli e
abbandonati. j|
Quando si svegliarono e si trovarono soli in mezzo a
quel bosco clic si faceva sempre più buio, e per giunta
avevano tanta fame che avrebbero divorato i sassi, comin¬
ciarono a piangere, a gridare, a chiamar il loro babbo.
Ness li no rispond e va.
I/TSOIjA INCANTATA
43
Non vedendo anima viva che venisse ad aiutarli, tre¬
mavano per la paura d’esser mangiati dal lupo, e dalla
disperazione si misero a correre per uscire presto da quel
bosco buio buio.
S’erano presi per mano per non perdersi, e cammina,
cammina, cammina, il bosco si faceva sempre piti buio, piu
intricato e non era loro possibile di trovare un’uscita.
Ad un tratto nel silenzio della sera udirono una vocina
che si lamentava e diceva:
Aita! Aita!
Chi salva la mia vita?
— Chi sei ? — chiesero i due fanciulli.
E la vocina seguitava:
Aita! Aita!
Chi salva la mia vita ?
Ma essi non potevano capire da che parte venisse quella
vocina piccina piccina.
Aguzzarono lo sguardo e non videro in quel bosco
altri esseri viventi che una mosca inceppata in una ra¬
gnatela.
— Non può essere che la mosca, — dissero.
44 NEL KEGNO DELLE FATE
E colle loro manine squarciarono la ragnatela e libe¬
rarono la mosca.
— Grazie, — disse la mosca appena fu libera; —
— voglio ricompensarvi della vostra buona azione, e perciò vi
avverto che è pericoloso camminare di notte in questo bosco
dove possono capitarvi i lupi da un momento all’altro.
Date retta a me e camminate sempre avanti lincile tro¬
vate una casa rischiarala da un lumicini: picchiate alla
porta e dite che siete mandati dal moscerino, e la porta
s’aprirà.
l’isola incantata
45
Si dicendo il moscerino volò via e i due fanciulli rima¬
sero colla bocca aperta credendo d’aver sognato.
— Andiamo, — disse Bruno, — ho paura dei lupi.
— Speriamo di trovare il lumicino, — soggiunse Bian
colino.
E cammina cammina, il bosco si faceva sempre più
buio, ma il lumicino non compariva.
Bruno era stanco e non poteva più reggersi in piedi.
Biancolino aveva fame, ma la paura dei lupi lo faceva
correre e andare avanti.
Finalmente videro come una stella risplendere fra le
piante.
— Deve essere il lumicino, — dissero quei fanciulli.
E s’avviarono verso il luogo dove vedevano risplendere
quella tiammella.
E cammina cammina, si trovarono davanti alla casa
nella quale ardeva il lumicino.
Si fecero coraggio e picchiarono.
— Chi è? — domandò una voce.
— Siamo Bruno e Biancolino mandati dal moscerino.
La porta s’aperse come per incanto e si trovarono in
un salotto bene illuminato e riscaldato, colla tavola nel mezzo
preparata per due persone, dove era già scodellata la mi¬
nestra che mandava un grato profumo; ma nella stanza
non c’era nessuno.
— Ed ora cosa facciamo? — chiese Bruno.
— Possiamo hen mangiare, — disse l’altro, — non
vedi che questa minestra è preparata per noi?
— E se venissero i lupi?
— Non è possibile, il moscerino non è capace di in¬
gannarci.
E si misero a tavola e divorarono quella minestra squi¬
sita, poi mangiarono delle frutta e dei pasticcini trovati
sulla credenza e finalmente si posero a sedere accanto al
focherello che ardeva nel camino, ma non avevano corag¬
gio d’addormentarsi, quantunque cascassero dal sonno, per¬
ché avevano paura dei lupi e non osavano dormire. Per
star tranquilli, s’erano messi d’accordo di dormire prima
l’uno e poi l’altro, ma ad un certo punto, non potendo
più tener gli occhi aperti, s’addormentarono saporita-
mente e non si svegliarono che quando il gallo cominciò
a cantare.
Quando apersero gli occhi, la casa, il lumicino, la ta¬
vola, il fuoco, tutto era scomparso, e si trovarono stesi
I.’lSOI.A INCANTATA
47
sull’erba in cima ad una montagna, e ai piedi della mon¬
tagna videro un mare immenso che si confondeva col cielo,
c lontano, in mezzo al mare, un grandissimo globo di fuoco.
Essi rimasero meravigliati e guardandosi intorno tutti
sorpresi dissero:
— Dove siamo?
— Siete nella dimora della fata Silvana. — rispose
una bambina bella come un raggio di sole clic sbucò fuori
da una siepe.
— E quel globo di fuoco che esce dal mare clic cosa
ò — chiesero quei fanciulli.
— E l’Isola Incantata, — rispose la bambina; — è
un’isola dove regna sempre la pace e la felicità, ma non
vi possono entrare che quelli che ne sono veramente degni.
— Sii buona come sei bella e guidaci all’Isola Incan¬
tata, — dissero supplicando i due fanciulli.
— Il mio potere e quello della fata Silvana die mi
manda a voi non giunge a tanto; però la mia padrona,
prima di abbandonarvi alla vostra sorte, vi manda questi
due oggetti che forse si potranno servire e guidarvi all’Isola
Incantata; però dovete rammentarvi che aiutano i buoni e
trascinano i cattivi alla rovina.
48
NEL regno delle rate
Si dicendo lasciò
cadere ai piedi di Bian¬
colino una palla d’o¬
ro, e a quelli di Bruno
un guscio di noce. \ I
— Che cosa deb¬
bo farne? — chiese
Biancolino raccoglien¬
do la palla d’oro.
— Tenerla, —
rispose la fanciulla.
— Glie cosa deb¬
bo farne? — chiese
Bruno additando il gu¬
scio di noce.
— Seguirlo, —
rispose la bambina.
E scomparve die¬
tro la siepe.
Bruno e Bian¬
colino rimasero sor¬
presi e non potevano
i .'isola incantata
49
staccar gli occhi dal punto donde era scomparsa la fan¬
ciulla.
— Vi manda questi due oggetti che lorse vi potranno servire (pag. 47).
Poi Urlino si mostrò malcontento che gli fosse toccato
il guscio di noce, invece della palla d’oro di Biancolino.
— Che ne faccio, — disse, — di questo brutto guscio
di noce? mi vien voglia di gettarlo via.
Nel regno delle Fate.
7
50
NEL REGNO DELLE FATE
— Si deve sempre conservare quello che viene rega¬
lato; io non darei la mia palla per tutto Toro del mondo,
— disse Biancolino.
— Perchè tu sei stato fortunato, — replicò Bruno, —
mentre io invece.,..
E nel dire quelle parole gli venivano le lagrime agli
occhi.
— Se io avessi avuto il guscio di noce, sarebbe lo
stesso, — rispose Biancolino.
— E allora facciamo cambio, — disse Bruno.
— Questo, no, — soggiunse l’altro.
* Da quel momento cominciarono a bisticciarsi per ogni
piccola cosa e non passò quella giornata che si diedero
dei pugni, degli schiaffi, e si tirarono pei capelli, e natu¬
ralmente Biancolino, essendo il più piccolo, ebbe la peggio
e dalle percosse si sentiva tanto indolenzito che non poteva
più andare avanti.
Dopo aver mangiato qualche frutto che trovarono sugli
alberi, si sdraiarono sull’erba per riposare. Biancolino s’ad¬
dormentò, ma Bruno, che avea nella sua mente un pro¬
getto colpevole, non chiuse occhio, e quando s’accorse che
il fratello dormiva saporitamente, gli si avvicinò pian piano.
VISOLA INCANTATA
51
gli tolse dalla tasca la pallina d’oro e ci mise il guscio di
noce, poi scappò via in cima alla montagna e si nascose
fra le piante per vedere quello che accadeva. ^
il
Quando cantò il gallo, Biancolino si svegliò, si guardò
intorno, e non vedendo il fratello, si mise a piangere e a
chiamar Bruno.
Egli non era mai stato solo e aveva paura dei lupi,
ma quando invece della palla d’oro trovò in tasca il guscio
di noce che saltava e ballava senza mai star fermo, sco¬
perse la cattiva azione del fratello c non lo cercò più. Ri¬
volse invece le sue speranze al guscio di noce che conti¬
nuava a danzargli in tasca.
Egli si provò a chiamare:
— Guscio di noce! guscio di noce!
E il guscio di noce saltò fuori di tasca.
Vedendo che il guscio di noce gli dava retta, Biancolino
continuò :
— Guscio di noce, guscio di noce, voglio andare nel¬
l’Isola Incantata.
E il guscio di noce rotolò giù per il monte finché entrò
nel mare, poi divenne grande come una nave, gli spunta¬
rono nel mezzo tre alberi con delle vele grandi grandi che
NEL REGNO DELLE FATE
fi 2
parevano lenzuola e dentro al bastimento stavano dei pic¬
coli nani vestiti da marinai eh’erano un amore, i quali
dissero in coro colle loro vocine:
Entra, entra, Biancolino,
Entra, entra, non tremare,
Vien con noi a navigare.
E Biancolino discese in fretta dalla montagna e saltò
nella navicella, la quale, appena fu entrato, si mosse, e
rapida come il vento lo trasportò in alto mare. Bruno dal¬
l’alto della montagna aveva assistito a quella scena, e (piando
s’accorse che il suo guscio di noce s’era trasformato in una
bella nave, clic andava a gonlie vele verso l’Isola Incan¬
tata, si mise a correre giù per la montagna gridando:
— Ferma ! ferma ! Voglio la mia noce !
Ma nessuno gli dava retta e la navicella correva, volava,
come se avesse l’ali. Bruno aveva un bel gridare e sfia¬
tarsi; tutto era inutile.
Quando fu stanco, si gettò a terra piangendo e strap¬
pandosi i capelli.
Intanto passò di là una vecchia.
— Che fai qui steso in terra come un bruto? —
gli chiese.
l’isola incantata
53
— Mio fratello mi ha portato via il mio guscio di
noce e viastria-' verso
Il suo guscio di noce s’era trasformato in una bella nave.
Mentre diceva quelle parole la palla d’oro che aveva
in tasca diveniva pesante pesante tanto che gli faceva male
e non avea piu lorza di sostenerla e si mise a gridare:
54
NEL REGNO DELLE FATE
— Ahimè ! Ahimè !
— Cosa c’è? — chiese la vecchia.
— Avevo in tasca una palla ed è divenuta tanto grossa
che mi fa male.
Intanto passò <li là una vecchia (pag. 52).
— Vediamo questa palla.
— Eccola.
Bruno si dicendo la tirò fuori e fu tutto sorpreso di
trovare che la palla d’oro s’era cambiata in una palla di
ferro.
l’isola incantata
• r )f>
— Vedi? — disse la vecchia, — hai detto una bugia,
e la palla è divenuta di ferro : dimmi la verità ed io ti
aiuterò.
Allora Bruno, tutto confuso, le narrò come stava la
cosa.
E la palla di ferro ritornò piccina e d’oro come prima.
— Ora che dici la verità, io ti aiuterò — disse la
vecchia.
Poi soggiunse:
— Devi sapere che sono nemica della fata Silvana,
perchè essa è giovane e bella ed io sono vecchia e brutta;
ma se riesco a distruggere l’Isola Incantata, essa diverrà
vecchia ed io invece ritornerò giovane. Tu devi aiu¬
tarmi a conquistar l’isola; tu, che hai la palla d’oro, la
quale possiede il potere di distruggere, se è adoperata con
giudizio.
— E come devo fare? — disse Bruno.
— Devi aver il coraggio di superare una quantità di
ostacoli, e sopratutto non staccarti mai dalla palla d’oro,
la quale, se va nelle mani del re dell’Isola Incantata,
egli diventa più forte e più potente, e noi siamo perduti
per sempre.
56
NEL REGNO DELLE FATE
— Insegnami dunque ciò che devo fare ; coraggio non
me ne manca e la palla d’oro starà sempre con me. .
— Prima di tutto, — rispose la vecchia, — tu devi
andare dal nostro re e indurlo con l’astuzia a far la guerra
a quello dell’Isola Incantata; se ci riesci, sarai fatto ge¬
nerale e comanderai l’armata, ma rammentati che avrai
nemici gli uomini, la terra e il mare, e non potrai vin¬
cere che tenendo sempre presso di te la palla d’oro.
Bruno non pensava ai pericoli, tutto contento di an¬
dare dal re e di diventar generale, e disse alla vecchia:
— Andiamo dal re.
— Aspetta che tramonti il sole.
Quando il sole fu tramontato, la vecchia stese in terra
il suo scialle e vi sali sopra con Bruno ; poi venne una
schiera di pipistrelli che s’attaccarono allo scialle colle loro
unghie adunche, e via sollevarono nell’aria la vecchia e
Bruno, li portarono attraverso lo spazio, e li deposero sui
gradini del palazzo reale.
— Ora devi pensare a toglierti d’impaccio da le solo,
— disse la vecchia a, Bruno. — Addio.
Sì dicendo, scomparve col suo scialle e i suoi pipi¬
strelli in mezzo all’oscurità.
L'ISOLA INCANTATA
58
NEI, REGNO DELLE FATE
principino si mise a piangere, ed essi che non vedevano
che per i suoi occhi, lo contentarono e fecero entrar Bruno
nel palazzo, affinchè il principino giocasse insieme con lui.
Bruno diverti tanto il principe coi suoi giochi, che egli
lo volle tenere sempre presso di sè e lo fece vestire con
degli abiti di velluto ricamati in oro, come se fosse stato di
sangue reale.
In poco tempo divennero amici, e Bruno doveva seguire
tutti i passi del principe, come fosse il suo cagnolino.
Bisogna sapere che il principe mangiava da colazione
tutte le mattine due uova. Un giorno disse a Bruno :
— Come sono buone le uova bianche delle mie galline
nere!
— Ma le uova nere sono ancora più buone, — rispose
Bruno.
11 giorno appresso il principe ritornò a dire :
— Come sono buone le uova bianche delle mie galline
nere!
Ma Bruno replicò che le uova nere sono assai migliori.
E il terzo giorno il principino disse che voleva delle
uova nere, altrimenti non avrebbe più mangiato.
Il re mandò messi da tutte le parti del regno per
l’isola incantata
59
cercare delle uova nere. Ma ritornarono dicendo di non
averne trovato.
E intanto il principino non voleva mangiare e dima¬
grava a vista d’occhio.
Il re, disperato, temendo che il principino morisse,
chiamò a consiglio tutti i saggi della corte che erano uo¬
mini vecchi, con tanto di barba e la sapevano lunga, af¬
finchè'dicessero dove si potevano trovare delle uova nere.
Ed essi, dopo essersi riuniti in consiglio per ben sette
volte, conclusero che bisognava andarle a cercare nell’I¬
sola Incantata.
Il re promise al principino che entro un anno gli
avrebbe procurato le uova nere, a patto che per il mo¬
mento si contentasse di quelle bianche.
Bisogna sapere che il principino possedeva anche un
60
NEL REGNO DELLE FATE
merlo, e si divertiva a sentirlo cantare. Un giorno disse
a Bruno :
— Senti come canta bene il merlo nero?
— Si, ma i merli bianchi cantano meglio, — rispose
Bruno.
E il principino disse al re clic voleva un merlo bianco.
Il re radunò ancora il consiglio dei saggi, i (piali,
dopo sette sedute, conclusero che anche i merli bianchi
bisognava andarli a prendere nell’Isola Incantata.
'' E il re, per contentare il principino, decise di fare
la guerra al re dell’Isola Incantata e di conquistarla ; e i
saggi riuniti ancora in consiglio gli dissero di cercare il
possessore della palla d’oro, e dare a lui il comando della
l’isola incantata
61
Il re, che dava sempre retta a quello che dicevano i
saggi, lece affiggere in tutto il regno degli avvisi i quali
dicevano che il possessore della palla d’oro fabbricata nei
domimi della fata Silvana, dovesse presentarsi dinanzi al re.
ANNO MCCCCXiXIV/
La flotta alla conquista dell’ Isola Incantata.
llruno, appena seppe degli avvisi, si presentò al re
c disse:
— Maestà, ecco la palla d’oro!
Il re esitava a dare il comando del suo esercito a quel
fanciullo; ma cosi avevano decretato i saggi, ed egli si
62
NEL REONO DELLE PATÉ
sottometteva in tutto ai loro voleri. Perciò ordinò una
quantità d’armi e di bastimenti, fece chiamare sotto le
armi tutti i soldati del regno, e nominò Bruno generale
in capo.
Intanto che Bruno si preparava a condurre il suo
— Maestà, ecco la palla d’oro! (pag. 61).
esercito alla conquista dell’Isola Incantata, noi andremo
a trovare Biancolino che abbiamo lasciato in mezzo al
mare diretto verso l’isola.
Sul suo bastimento stava come un re; aveva venti
nani pronti ai suoi comandi, i quali gli prepararono degli
squisiti manicaretti ed ubbidivano ad ogni suo cenno,
irgli teneva sempre fìsso lo sguardo verso il luogo
L ISOLA INCANTATA
63
dove vedea risplendere come un globo di fuoco l’Isola
Incantata, ed era impaziente d’arrivarci; ma dovea prima
stare in mare sette mesi, sette giorni e sette ore, perchè
così era destinato dalla fata Silvana. Il mare era sempre
tranquillo, il cielo azzurro e sereno, e sarebbe stato fe¬
lice se non avesse sentito un ardente desiderio di arrivare
nell’isola, della quale udiva tutti i giorni raccontare le
meraviglie dai nani che lo servivano. Finalmente una mat¬
tina, quando si svegliò, vide davanti agli occhi uno spet¬
tacolo stupendo.
L’Isola stava là a poca distanza, e tanto bella come
non l’avea mai immaginata nei suoi sogni. Era illuminata
da due splendidi soli che si specchiavano nel mare lim¬
pido come il cristallo e ravvolgevano in un’onda di fuoco;
gli alberi erano tutti coperti di fiori che mandavano nel¬
l’aria i più soavi profumi; le case avevano le mura di
cristallo, i tetti d’oro o d’argento, e scintillavano ai raggi
del sole.
In mezzo all’isola sorgeva il palazzo del re, tutto co¬
perto di gemme e di diamanti da abbagliare la vista.
Biancolino, attonito nel vedere quelle meraviglie, vo¬
leva sbarcare ; ma i nani l’avvertirono che doveano aspet-
64
NEL REGNO DELLE RATE
tare ancora un giorno, ed egli si rassegnò ai loro
voleri.
La notte dormi come al solito nel suo lcttuccio; la
mattina quando aperse gli occhi si trovò nell’isola incan¬
tata, sdraiato in un compiccilo fiorito.
Il bastimento, i nani, le vele, tutto era scomparso e
trovò soltanto vicino a sé il guscio di noce. Egli rimase
mollo sorpreso di vedersi intorno una quantità di animali
assai diversi da quelli dei nostri paesi. Sugli alberi can¬
tavano degli usignuoli colle penne bianche come la neve,
e nei laghetti nuotavano dei cigni neri come corvi.
Anche gli abitanti dell’isola erano belli come raggi di
soli*, e vestiti di stoffa d’argento e d’oro; molli, invece
di camminare, svolazzavano per l’aria in una specie di
carrozzelle sollevate e trasportate da uccelli bellissimi e
meravigliosi. Uiancolino non avea coraggio d’interrogare
quegli abitanti, eppure era curioso d’informarsi dei co¬
ll
stumi dell’isola. Finalmente vide un fanciullo vicino a sò
che stava ad osservarlo e si fece ardito di chiedergli chi
fosse quella bella signora tutta vestita di gemme c dia¬
manti che volava in quel momento sopra la loro testa
trasportata da due bellissime aquile bianche.
I/ISOI.A incantata
65
— K la nostra principessa, — rispose il fanciullo.
— Vorrei vederla da vicino e parlarle, — disse Bian¬
colino.
— Il re non permette che parli con nessuno, — ri¬
spose il fanciullo, — soltanto ha promesso di darla in
£X?/l((9« h».
sposa a colui che salverà Pisola da un grande pe¬
ricolo.
"Sarò io quello,.. pensò Biancolino e da quel ino¬
li
mento si mise in capo di sposare la principessa; s’avviò
'I
verso il palazzo del re, ma quando vi fu vicino gli alberi
intorno al palazzo cominciarono a crescere tanto da for-
A'el regno delle Fate.
9
66
NEL REGNO DELLE RATE
mare come un’alta barriera, e gli uccelli appollaiati sugli
alberi cominciarono a cantare:
Uno, due e tre,
Ci vuole il permesso del re.
Biancolino andò da un’altra parte, e anche là gli al¬
beri si alzarono e s’intralciarono, e gli uccelli comincia¬
rono a cantare:
Uno, due e tre,
Ci vuole il permesso del re.
Biancolino era disperato di non poter penetrare nel
palazzo e slava attento per vedere se ci entrasse al¬
cuno onde seguirlo; ma quelli che entravano erano tutti
»
trasportati per aria da diversi uccelli ; entravano dalla fine¬
stra che si chiudeva, appena passati. In questo modo
vide entrare la principessa trasportata dalle sue aquile,
e moriva dalla voglia di seguirla per parlarle.
Era tanto disperato di non potervi riuscire, che quasi
voleva gettarsi in mare, quando pensò di rivolgersi al gu¬
scio di noce che lo aveva aiutato le altre volte e disse:
— Guscio di noce, guscio di noce, conducimi dalla
principessa!
f,’ISOLA INCANTATA
«7
E il guscio di noce si trasformò in un palloncino con
una navicella che parea fatta apposta per Biancolino.
Ed egli entrò nella navicella e vi trovò un vestito
stupendo tutto sparso di stelle d’argento che non tardò
ad indossare, e il palloncino volò in alto e lo condusse
su una terrazza dove la principessa stava a prendere il
fresco.
h Appena lo scorse la principessa diede un grido dalla
paura, ma poi al vederlo così bello e ben vestito, prese
coraggio e lo fece sedere accanto a sè, e cominciò a con¬
versare con lui.
La voce della principessa pareva una musica soave,
e Biancolino stava ad ascoltarla colla bocca aperta quando
essa gli raccontava d’essere tanto infelice per dover star
sempre rinchiusa nei suoi appartamenti senza veder mai
anima viva.
— Se lo permetti, verrò a tenerti compagnia, —
disse Biancolino.
— Volentieri, — rispose la principessa; — ma se
mio padre il re se n’accorge?
— Sono protetto da una fata e non se n’ accorgerà.
— Infatti devi avere una fata che ti protegge, —
63
NEL REGNO DELLE FATE
disse la principessa, — altrimenti non saresti arrivato a
questa altezza dove non possono giungere che le mie
aquile.
— E perchè stai così in alto come se fossi in una
torre ?
— Perchè il re non vuole che parli con nessuno
finché verrà un guerriero a salvare l’isola da un gran
pericolo; e quello sarà il mio sposo.
— Sarò io quello, — disse Biancolino, che per spo¬
sare la bella principessa si sentiva ardito e coraggioso.
— Ora però parti, — essa gli disse, — perchè s’av¬
vicina l’ora che vengono le mie damigelle, e se ti trovano
sono perduta ; ritorna domani all’istessa ora. Addio, bel
cavaliere.
11 guscio di noce, trasformato in palloncino, lo aspet¬
tava sulla terrazza, ed egli discese come era salito; ma
appena il guscio di noce fu sopra un albero si trasformò
in un letto, dove Biancolino potè dormire tutta la notte e
sognare la bella principessa, impaziente che venisse il mo¬
mento di rivederla. Il giorno dopo la vide alla stessa ora
fare il solito giro adagiata in una conchiglia di madre-
perla, trasportata per aria dalle due aquile bianche, e gli
l’isola incantata
71
parve che la sua bella testa fosse chinata verso la terra
per cercarlo.
Egli la segui cogli occhi finché la vide ritornare al
palazzo; allora, come il giorno prima, comandò:
— Guscio di noce, guscio di noce, conducimi dalla
principessa !
Il guscio di noce si trasformò in un palloncino come
il giorno prima, ma Biancolino trovò nella navicella un
vestito d’oro. Quando lo indossò risplendeva come se fosse
uno specchio illuminato dal sole, e cosi vestito giunse dalla
principessa che lo accolse a braccia aperte.
Egli seppe da lei che un re della terra avea dichiarata
la guerra a suo padre, ed era tutta malinconica perchè
le profetesse dell’isola avevano detto che se non potevano
avere nelle loro mani la palla d’oro della fata Silvana,
l’isola sarebbe stata distrutta.
— La palla d’oro c mia, — disse Biancolino, — me
l’ha regalata la fata e dovrà ritornare nelle mie mani.
— Se cosi fosse si sarebbe salvi, — disse la princi¬
pessa ; — ma intanto la palla d’oro è nelle mani dei
nostri nemici.
Biancolino seppe consolarla con belle parole, e quando
72
NEL REGNO DELLE FATE
fu l’ora di partire, promise di ritornare il giorno dopo con
buone notizie.
Tutta la notte non chiuse occhio pensando al pericolo
a cui andava incontro l’isola dove abitava la sua princi¬
pessa; per poterla salvare non sperava clic nel suo guscio
di noce che lo avea sempre aiutato.
1 Alla mattina il re ordinò che tutti gli abitanti dell’isola
s’arrampicassero sugli alberi c s’innalzassero nell’aria coi
loro uccelli per vedere se fosse in vista la flotta nemica
onde prepararsi alla difesa. Ognuno fece come avea detto
il re: e i ricchi salirono in mezzo alle nubi colle loro car¬
rozze tirate da tutte le specie d’uccelli; i poveri s’arram¬
picarono sugli alberi, i quali si alzavano, si alzavano,
perchè erano incantati e formavano una barriera intorno
all’isola e toccavano quasi il cielo; ma la flotta non si
li
vedeva, perchè i nemici avevano la palla d’oro che al
dire delle profetesse li rendeva invisibili. Anche la prin¬
cipessa s era fatta condurre in allo dalle aquile, ma non
poteva veder nulla. Ma quando Biancolino sali col suo guscio
di noce trasformato in pallone tanto in allo che quasi non
si vedeva pili, vide una llotta tanto grande che il mare ne
era tutto coperto, e corse a dirlo al re, il quale gli rispose:
l’isola incantata 75
— Devi essere protetto da qualche fata potente se vedi
quello che noi non vediamo e vedi l’incanto della palla
d’oro. Dunque tu devi salvarci dal pericolo che ci mi¬
naccia e ti prometto che se vinci i nostri nemici, sposerai
la principessa. \
Biancolino a quelle parole si mise a saltare dalla gioia
e corse subito dalla principessa a raccontarle la lieta no¬
tizia; questa volta le comparve dinanzi tutto vestito da
guerriero, perchè si preparava a combattere i nemici. La
principessa gli fece, come al solito, le migliori accoglienze,
ma quando seppe che doveva andare a combattere, co¬
minciò a tremare per la sua vita.
— Tu non sai, — gli diceva, — a qual pericolo vai
incontro: essi hanno la palla d’oro, contro la quale non
servono tutti gli incanti della nostra isola : e sai che cosa
hanno detto le profetesse? Hanno detto che
“ Se la palla d’oro non sorgerà sulla torre, sarà distrutta l’isola incantata
— La palla d’oro tornerà in mio potere, — disse
Biancolino.
— Ma non sai a quanti pericoli vai incontro? — gli
ripeteva la principessa.
76
NEL REGNO DEI,LE FATE
— Io li affronterò per amor tuo, — rispose Biancolino.
— Ebbene, — disse la principessa togliendosi una perla
clic aveva nei capelli, — prendi questa perla : quando
sarai in pericolo, trova il mezzo di mandarmela, che io
ti aiuterò; ora parti e ritorna vittorioso.
Biancolino la lasciò colle lagrime agli occhi, perchè te¬
meva di non vederla mai più, e pensò al modo di salvar
l’isola. ,
Il bello era clic nel mentre egli vedeva tutto il mare
pieno di bastimenti che s’avvicinavano sempre più all’isola,
gli altri non vedevano nulla, e il re diceva:
— Ma dove sono questi nemici?
— Eccoli, si avvicinano, — rispondeva Biancolino.
E mano mano che i bastimenti si avvicinavano, gli al¬
beri si alzavano fino a toccar il cielo c formavano come
una muraglia clic circondava l’isola.
Il re diceva :
— Biancolino ha ragione, perchè gli alberi sentono il
pericolo e si alzano; ma io non vedo nulla.
E lasciava il comando a Biancolino, il quale ordinò
che si scuotessero gli alberi per far cadere le frutta grosse
come palle di cannone e tener lontani i nemici.
N
l'isola incantata
79
I suoi ordini furono eseguiti, ed infatti alcuni bastimenti
vennero sommersi e gli altri non s’arrischiavano di venire
avanti tanto velocemente.
Però si avvicinavano adagio adagio c se riuscivano a
circondar l’isola sarebbero stati tutti perduti. ,
II re piangeva e brancolino si strappava i capelli dalla
disperazione. Quando si vide quasi perduto, pensò di andat¬
iti mezzo alla flotta nemica e farsi dare ad ogni costo la
m
palla d’oro. Partì col suo guscio di noce trasformato in
bastimento e quando si trovò alla presenza di Bruno suo
fratello, gli disse con voce tremante :
Bruno, rendimi la palla (l’oro,
Io ti darò in cambio un tesoro.
Bruno alzava le spalle c rispondeva: “Fossi pazzo!,.
Bruno, rendimi la palla d’oro,
Io ti darò invece un tesoro.
Bruno continuava a non dargli retta. Allora Biancolino
riprese :
Se la palla d'oro non mi darai,
Ben presto, Bruno, te ne pentirai.
F Bruno dal dispetto lo fece legare e mettere in una
80
NEL REGNO DELLE NATE
cella in fondo al bastimento, dopo avergli frugato in tasca
e avergli preso anche il guscio di noce. Biancolino privo
del guscio di noce si vide perduto e aspettava la morte
piangendo.
La cella avea un finestrino che dava sul mare.
Passò un pesciolino e gli disse:
— Biancolino, bel Biancolino, sono un pesciolino pic¬
cino piccino, ma ti aiuterò.
Biancolino si rammentò della perla che gli avea data la
principessa, e disse porgendola al pesciolino :
— Se tu potessi portare questa perla alla principessa !
— Ti prometto che la porterò, — rispose il pesciolino.
Prese la perla in bocca e guizzò via.
Biancolino stette ad aspettare. 11 pesciolino ritornò poco
dopo dicendo che era entrato nel bagno della principessa
e le avea consegnato la perla, ma essa l’avea gettata an¬
cora in mare, dicendo che era la perla delle burrasche, e
che solo da una burrasca ormai egli poteva sperare salvezza.
— Ma in che modo potrò salvarmi, se son prigioniero?
— chiese Biancolino.
— Al momento della burrasca verrò io, — rispose il
pesciolino.
Il mare pareva inchiostro, e le onde s’alzavano come montagne (pag. 8ìì).
l’isola incantata
m
E guizzò via.
Infatti pochi minuti dopo il cielo divenne nero nero, il
mare pareva inchiostro, e le onde s’alzavano come mon¬
tagne e s’abbassavano come precipizi, i lampi abbacina¬
vano la vista e i tuoni facevano tanto fracasso che pa¬
reva la line del mondo. La llotta di Bruno, che quasi era
riuscita a conquistare l’Isola Incantata, si trovò divisa da
un momento all’altro, e slanciata in alto mare perdendo
il cammino clic avea fatto. I soldati tremavano dalla paura
e i bastimenti cominciavano ad andare a fondo.
i I Già aveano deciso di gettare in mare tutte le cose inu¬
tili per salvare la loro vita, e vi gettarono armi, bagagli,
viveri. Nondimeno il pericolo non scemava e i marinai
volevano gettare in mare anche la palla d’oro ch’era di¬
venuta tanto pesante da far quasi andare a picco il ba¬
stimento: ma Bruno si oppose. Allora si ammutinarono
e si disponevano a legarlo e gettar lui in mare. Egli si
rammentò di Biancolino e propose di gettarlo in mare
per calmare la loro ira, promettendo che se la burrasca
non cessava avrebbe poi gettata la palla d’oro.
E Biancolino fu preso per ordine del fratello e gettato in
mare. Fortunatamente trovò subito il pesciolino che gli disse :
11
84
NEL REGNO DELLE FATE
— Biancolino, bel Biancolino, attaccati alla mia coda
che io ti salverò.
Così attaccato alla coda del pesce, Biancolino stette ad
assistere a quello che accadeva.
1 ! La burrasca continuava più forte di prima e Bruno, se
volle aver salva la vita, fu costretto a gettare in mare la
palla d’oro, che ritornata piccina e leggera fu subito rac¬
colta da Biancolino. Solo allora il mare si calmò, ma
l’esercito nemico che senza la palla d’oro era a tutti vi¬
sibile, fu sconfitto, e Bruno fu gettato in mare per ser
vire di pasto ai pesci ; però fu in tempo di vedere Bian¬
colino salvo approdare alla riva rimorchiato dal pescio¬
lino colla palla d'oro in mano che risplendeva ai raggi
del sole.
Il re, i principi e tutti i personaggi principali dell’isola
andarono ad incontrare Biancolino che fu portato in trionfo
fino alla reggia, dove il re gli diede in isposa la princi-
l|
pessa. Fecero delle feste veramente stupende, alle quali
invitarono tutti i re della terra; e Biancolino, prima di
prender dimora nell’Isola Incantata, volle fare un viaggio
per sapere che n’era di suo padre ; e seppe che quan¬
tunque avesse trovato da lavorare, il rimorso d’aver ah-
Pisola incantata
85
bandonato i figliuoli lo avea tanto afflitto che era morto
di crepacuore. Poi volle fare la pace col re che avea mosso
guerra all’Isola Incantata, e mandò al principino uova
nere e merli bianchi che erano stati causa di quella guerra.
Dopo ciò fece ritorno nell’Isola Incantata e visse beato e
contento colla sua principessa e regnarono poi molti anni
nell’isola, formando la felicità del loro popolo.
LA FATA MERLIGA.
LA FATA MERLIGA.
il
Lna povera donna senten¬
dosi morire pensò di aflidare
le sue tre figliuole ad una vec¬
chietta che passava tutti i giorni
da casa sua.
11 giorno appresso la
chiamò :
— Vecchietta, vecchietta !
vorreste prendervi cura delle
mie tìgliuole?
— Volentieri, — rispose
la vecchietta.
12
Nel regno delle Fate.
no
NEL lìEGNO DELLE FATE
— Ebbene, passate domani clic sarò morta e pren¬
dete le mie figliuole.
, La vecchietta.
La vecchietta cosi lece. Le
tre fanciulle erano belle come
stelle e si somigliavano fra
loro come tre spicchi d’aran¬
cia. La maggiore si chiamava
Rosa, la seconda Margherita
e la terza Violetta, e all’idea
di dover seguire quella vec¬
chia, della quale avevano avuto
sempre paura, erano tutte ma¬
linconiche; ma non c’era ri¬
medio.
La vecchia aveva detto: — seguitemi, — ed esse ave¬
vano dovuto obbedire.
LA FATA M FRUGA
91
Si lasciarono condurre perchè non c’era caso di poter
fare altrimenti, e seguirono la vecchia in silenzio, tratte¬
nendo a stento le lagrime.
La vecchia le condusse in un bosco tanto folto che non
vi penetrava raggio di sole, e quando furono ad un certo
punto si volse e domandò loro :
//
— Sapete chi sono?
— No, — risposero le fanciulle.
— Ebbene, dovete sapere che io sono la fata Merliga,
che i buoni premia e i cattivi castiga. f j
Le fanciulle si guardarono sorprese in faccia, ma non
dissero nulla; però non s’erano mai immaginate che ci
fossero delle fate cosi brutte e cosi vecchie.
Camminarono in silenzio ancora un bel pezzo, poi quando
giunsero davanti ad una capanna la vecchia si volse c
disse loro:
— Sapete dove siamo?
— No, — risposero le fanciulle.
' — Siamo giunte alla casa che vi ho destinata ; ora
entrate.
Entrarono e videro una povera stanza con una tavola,
tre sedie e tre poveri letti. Rosa e Margherita fecero un
NEL REGNO DE LE FATE
‘12
viso malcontento vedendo la povera dimora clic era loro
destinata e dissero :
— Che tugurio!
— Sta in voi farlo diventare un palazzo, — disse la
vecchia.
— In che modo? — chiesero le due fanciulle.
— Lavorando c comportandovi bene: voi già lo sapete che
sono la fata Merliga, che i buoni premia e i cattivi castiga.
Violetta non disse nulla, perchè a lei bastava avere un
angolo per dormire ed era contenta.
La vecchia fece veder loro in un angolo una madia
piena di grano e farina e davanti alla capanna tre gal¬
line che razzolavano, tre caprette e tre strisele di terra
separate, e disse :
LA FATA MEKLIGA
93
— Ora ingegnatevi da voi ; avete una gallina, un
pezzo di terreno, una capretta per ciascheduna; di più
t • _
i-----—■ ■■■ -
non posso fare per obbedire all’ultima volontà della vo¬
stra mamma; se avete voglia di lavorare, da vivere non
ve ne mancherà; ricordatevi solo che siete in mezzo al
llosco delle Tentazioni ; non lasciatevi mai tentare nè dai
piaceri nè dalle ricchezze, contentatevi di quello che po-
lele guadagnare col vostro lavoro e non desiderate di più.
Si dicendo uscì dalla capanna c scomparve in mezzo
al litto del bosco.
— Una vita allegra ci si prepara! — dissero Rosa e
Margherita appena la fata fu scomparsa. — Un po’ di
latte, qualche uovo, un po’ di pane e un lettuccio me¬
schino per riposare; una volta, a dire il vero, le fate erano
più generose.
94
MiL li EGNO DEM.E FATE
Violetta non disse nulla, prese l’uovo che aveva fatto
la sua gallina, con un po’ d’acqua e un po’ di farina fece
una stiacciata che mise a cuocere sulla brace; poi se ne
cibò tranquil¬
lamente, men¬
tre le sorelle
continuavano a
borbottare.
Però anche
esse ad un certo
punto pensaro¬
no di seguire
l’esempio della
sorella, perche
si sentivano mo¬
rire di fame, e
Scomparve in mezzo al fitto ilei bosco (pag. 9ìJJ.
mangiarono, ma
sempre continuando a borbottare c dicendo che quella
vita di privazioni non avrebbero potuto sopportarla e
bisognava che pensassero a qualche cosa di meglio.
Così continuarono per qualche giorno : loro unico pia¬
cere era di dormire, perchè facevano sempre degli sple-n-
LA FATA MERLICI A
95
didi sogni, che poi si divertivano a raccontarsi il giorno
appresso.
Un giorno Rosa disse :
— Questa notte ini son sognata d’esser principessa; era
passato un principe, mi aveva sposata, abitavo il palazzo
reale e avevo vestiti di raso tutti coperti di pietre preziose.
— Ed io mi sono sognata che nuotavo in mezzo alle
ricchezze, — disse Margherita; — ero in mezzo all’oro,
alle 'gemme, avevo servi, equipaggi e mi bastava espri¬
mere un desiderio per vederlo subito soddisfatto. Che pec¬
cato svegliarsi e trovarsi in questo brutto tugurio dopo
tanti splendori !
! j
Violetta non diceva mai nulla.
— Ma tu non hai nulla da raccontare? — le dicevano
le sorelle.
— Io quando vado a letto penso sempre a quel che
farò il giorno appresso, e questa notte mi sono sognata
che portavo il latte della mia capretta in città a venderlo
e ricavavo qualche soldo per comperarmi dei cibi più so¬
stanziosi di quelli che siamo abituate a mangiare; e così
ho intenzione di fare. In questo modo vedrò avverarsi il
mio sogno.
96
NEL REGNO DELLE RATE
— Va, clic diventerai ricca colla tua capretta, — c
ridevano della loro sorella clic aveva idee tanto modeste,
e dicevano: — Violetta, Violetta, sarai sempre poveretta!
— Vedremo, — diceva Violetta; — ora intanto sono
più ricca di voi.
Infatti, essa cercava d’industriarsi con quel poco clic
aveva; nel suo campicelo aveva piantato dell’insalata clic
andava a vendere in città unitamente al latte della sua
capretta c alle nova della sua gallina e già aveva messo da
parte qualche soldo, mentre le sue sorelle, che tutto il
giorno non facevano che parlare dei loro sogni, non ave¬
vano nemmeno un centesimo e dovevano contentarsi di
mangiare pane e latte.
Un giorno Rosa disse che era annoiata di mangiare
sempre pane, e ammazzò la sua gallina; ne diede un pezzo
a Margherita, ma a Violetta niente.
Violetta si sentiva venir l’acquolina in bocca vedendo
le sorelle che mangiavano dei pezzi di pollo che dicevano
squisiti, ma si consolava abbracciando la sua gallina che
non avrebbe voluto ammazzare per tutto l’oro del mondo.
Pochi giorni dopo Margherita, stanca di mangiar sempre
pane, ammazzò anch’essa la sua gallina c la mangiò in-
... y~»; ' •
i
Ì.\;CV
sSiiSS
S di: Itti t fl-U
E il giovane la prese in groppa al suo cavallo.
Nel regno delle Fate.
m-
r.A TATA MKRLIGA
<lf)
siemc alla Rosa, e a N'ioletta non ne diede nemmeno un
pezzettino.
Ma Violetta si confortava dicendo:
— Io ho intanto la mia gallina c voi non l’avete pili.
Infatti Rosa e Margherita s’accorsero che non avevano
più uova da mangiare e non sapevano come fare.
— Violetta, regalami un uovo, — dicevano.
— M’avete dato delle vostre galline? Io non vi do le
mie uova.
Però un giorno ebbe compassione delle sorelle e diede
loro due uova. Esse le apersero e vi trovarono dentro due
pulcini.
— E la fata che vi vuol ancora aiutare, — disse Vio¬
letta; — aspettate qualche tempo e riavrete le vostre galline.
i)
Ma esse erano annoiate di far quella vita, e un giorno
la Rosa disse:
— Vado colla mia capretta a cercar fortuna : se non
mi vedrete più sarà segno che l’avrò trovata; se vi man¬
derò la capretta vorrà dire che sono in pericolo, e non
.abbandonatemi.
Sì dicendo se n'andò.
100
NEL REGNO DELLE FATE
*
# *
1 Cammina, cammina, cammina ; il bosco si faceva più
fitto ed essa aveva quasi paura di trovarsi là sola c vo¬
leva tornare indietro, ma non trovava più la strada ; perciò
continuò lino a che scorse ad un certo punto uno splen¬
dore e vide passare davanti ai suoi occhi come in una
bella visione degli splendidi equipaggi, delle signore ve¬
stite d’oro e d’argento, e dei signori che avevano gli oc¬
chi scintillanti come stelle. Era il mondo de’ suoi sogni,
e fece per avvicinarsi a tutta quella gente.
Intanto, vide venirle incontro un bel giovane a cavallo.
— Uosa, bella Rosa, vuoi essere la mia sposa? —
le disse.
Essa non rispose.
Il giovane ritornò a dire :
— Rosa, bella Rosa, vuoi essere la mia sposa?
Rosa pensò alle raccomandazioni della fata ; ma la ten¬
tazione fu più forte di lei.
— Si, si, — disse.
E il giovine la prese in groppa al suo cavallo colla
Uosa noi palazzo dalle cento porte (pag. 103).
capretta e tutto, e via di galoppo fuori del bosco, lon¬
tano lontano, finche la condusse nel palazzo dalle cento
porte clic era situato in mezzo al bosco.
Mentre Rosa era trasportata sulla groppa del cavallo
davanti a quel giovane clic aveva gli occhi che brilla¬
vano come stelle, le pareva d’essere trasportata in cielo:
ma (piando s’accorse che tutte le cento porte che s’apri¬
rono al loro passaggio si richiusero con grande fracasso,
cominciò a tremare dalla paura di non poter più uscire
da quell’immenso e splendido palazzo.
H
— Dove sono? — andava dicendo.
— Più tardi lo saprai, — diceva il giovane.
li andavano avanti avanti, passando delle altre porte,
che si chiudevano sempre dietro a loro.
— Dove sono? — andava dicendo la fanciulla.
— Più tardi lo saprai.
E andarono avanti lincile giunsero in una sala grande
come una chiesa.
— Dove sono? — chiese la fanciulla.
— Sei nella casa dell’Orco, — rispose il giovane.
— Povera me! — disse Rosa; e cominciò a tremare
come una foglia. /^
] 04
NIX REGNO DELLE FATE
— Non aver paura, sei troppo magra, e per ora non
ti mangerà.
— Ma tu chi sei?
— lo sono il suo servo, giro il mondo per tentare
le ragazze a seguirmi in questa casa.
— Fammi uscire; ti prego.
— Non dovevi venire; l’Orco mi mungerebbe.
Uosa si mise a piangere, a disperarsi e pregò il gio¬
vane che almeno conducesse fuori la sua capretta e la
abbandonasse nel bosco.
— Almeno sia salva la mia capretta ! — diceva
Uosa.
Visto che all’Orco non piaceva che la carne umana e
non gli importava delle bestie, il giovane promise che se
si calmava e non faceva scene avrebbe pensato a portar
fuori la capretta ; poi scomparve, e la Uosa si trovò sola
in (|uel palazzo e tremava dalla paura che venisse l’Orco
a mangiarla.
In una stanza trovò una tavola preparata sulla quale
c’erano dei cibi squisiti ; ma essa, quantunque avesse una
fame da lupo, non volle mangiare [ter tema di ingras¬
sare, perchè allora, certo, l’Orco se l’avrebbe mangiata.
TjA fata merliga
105
L’Orco (pai»', luti).
Non sapendo che far di meglio, si
clic trovò preparato per lei in una
sdraiò sopra un letto
stanza «lei palazzo.
Nel regno delle Fate,
14
10(5
NKI. REGNO DEtiTiE FATE
A mezzanotte senti in camera un rumore e quantun¬
que tremasse dalla paura tinse di dormire. Era infatti
l’Orco col suo domestico che si avvicinava al letto c co¬
minciò a toccarla colle sue manacce, poi disse :
— È magra come un’acciuga; bisognerà darle dei
buoni bocconi, mi raccomando, e se non vuol mangiare
imboccatela per forza, come un’oca: in quindici giorni
deve essere in ordine per la mia cena dell’ultimo del-
l’anno ; se non la fate ingrassare è la volta che faccio un
boccone di te, del cuoco e di tutti.
Il palazzo tremò tutto, e quando fu scomparso l’Orco,
Rosa si toccò per vedere se fosse ancora intera e viva e
desiderò d’essere nella capanna assieme alle sue sorelle.
Ormai non c'era più speranza: impossibile fuggire colle
cento porle chiuse da tanti chiavistelli! E pianse all’idea
di finire mangiata dall’Orco.
Intanto che Rosa sta là a piangere e disperarsi, an¬
diamo a vedere quello che facevano le sue sorelle.
Margherita, quando vide che Rosa non tornava più, disse:
— Essa ha trovato certo la sua fortuna; non torna
né lei nè la capretta; stanno troppo bene dove si trovano.
E decise di seguire l’esempio della sorella.
LA FATA MERI. Ili A
107
— Addio, Violetta, — disse il giorno appresso, —
vado anch’io a cercar fortuna.
E presa la sua capretta se n’andò. f)
— Cammina, cammina, cammina. Il bosco si faceva
sempre più litto, ma essa andava innanzi con coraggio.
■■ Almeno incontrerò Rosa, „ pensava, “ ma nel mio
tugurio non ritorno più; è meglio cento volte abitare in
mezzo a questo bosco. .,
^ Intanto venne la notte, e Margherita continuava a gi¬
rare per il bosco senza sapere dove ricoverarsi. Ad un
certo punto vide una specie di grotta e vi entrò. Fu tutta
sorpresa di vederla illuminata come di pieno giorno ; ma
fu ancora più sorpresa di vedere in terra dei mucchi di
pietre preziose: c’erano brillanti, smeraldi, rubini che ab¬
bagliavano la vista, perle grosse come nocciuole, e in un
angolo un mucchio di monete d’oro grande come una
montagna.
Margherita non seppe resistere alla tentazione, e co¬
minciò a riempirsi le tasche di pietre preziose; n’empi
anche il grembiule, che divenne tanto pesante da non
poter pili quasi camminare. Margherita disse: " Ora che so
dove sono tutte queste ricchezze, ritornerò: e quando
108
NEL REGNO DELLE FATE
usci dalla grotta sparse dei sassolini bianchi lungo la via,
per conoscere la strada e ritornare alla grotta. Ma ap¬
pena giunse alle porte della città le guardie la fermarono
e dissero che quelle pietre preziose erano state rubate al
re e la misero in prigione.
La fanciulla si mise a piangere dicendo che quelle
gemme le aveva trovate per via, ma essi non vollero cre¬
dere e la chiusero nella prigione ad aspettare la sua con¬
danna, che doveva essere terribile, perchè il re era molto
adirato contro coloro che gli rubavano le sue ricchezze.
1 Violetta se ne stava tranquilla nella sua capanna, quando
vide giungere le caprette delle due sorelle; doveva certo
esser accaduta loro qualche disgrazia e decise di andarle
a cercare.
Cammina, cammina. Il bosco si faceva sempre più fitto,
ma essa non si perdeva di coraggio. Ad un certo punto
ebbe la stessa visione che era apparsa alla sua sorella
Rosa; anch’essa vide il giovane a cavallo che la chiamava.
— Violetta, Violetta bella, vuoi tu venire da tua so¬
rella?
Ma essa si rammentò le parole della fata Merliga, che
le aveva detto di non cedere alle tentazioni, e conti-
I,A FATA MKRLIGA
111
nuó la sua via, senza dar reità al giovane che la chia¬
mava.
Poco dopo giunse presso la grotta dove c’erano le pie¬
tre preziose, e vi entrò, ina al vedere tutti quegli splen¬
dori fuggì via temendo di cedere alla tentazione.
Però era lutto il giorno che camminava e aveva fame,
e, quello che era peggio, la notte si faceva oscura e non
trovava la strada per tornarsene a casa.
Era passata vicina a degli alberi carichi di frutti squi¬
siti, ma non ebbe il coraggio di staccarne nemmeno uno;
erano cose troppo buone per lei e non voleva cedere alla
tentazione; le sarebbe bastato un pezzo di pane, tanto
per sostentarsi.
Avrebbe potuto andare in città, ma senza quattrini non
si può comperare il pane, e le venne l’ispirazione di rac¬
cogliere dei lìorellini e andarli a vendere per guadagnare
qualche soldo. Cosi fece, raccolse dei fiori a andò a ven¬
derli in città e coi pochi soldi guadagnati si comperò un
po' di cibo. |
Intanto incontrò per via una vecchierella che si la¬
mentava.
— Che cosa avete? — le chiese Violetta.
112
NEL REGNO DELLE FATE
— Muoio di fame, — rispose
la veccliierella.
Raccolse dei fiori e andò a Tenderli
in città(pag. 111).
Violetta le diede un pezzo
del suo pane.
— Grazie, — disse la vec¬
chia; — prendi, questo forse un
un giorno ti servirà.
Le diede un pezzo di nastro
c se ne andò.
Quando fu un po’ più avanti
trovò un pastorello che pian¬
geva.
— Perchè piangi? — chiese
Violetta.
— Sono caduto c mi sono
tagliato una mano.
— Lascia vedere.
11 pastorello mostrò la ma¬
no, che aveva una ferita pro¬
fonda dalla quale grondava il
sangue.
Violetta si strappò un pezzo
LA FATA MEKLIGA
113
di vestito, lo bagnò nell’acqua di un ruscello e gli lasciò
la ferita.
Grazie, bella lanciul
le disse il pastorello
Violetta vide la sorella Rosa nella casa dell’Orco mentre ^ingrassavano
come un’oca (png. li4).
moria uno di questi bottoni; ci vedrai dentro tutto quello
(die desideri.
Si dicendo si strappò un bottone dal vestito e lo diede
i Violetta
Ella prese il bottone e volle vedere subito se ciò che
aveva detto il pastorello fosse vero.
Nel regno delle Fate.
15
114
NEL REGNO DELLE FATE
— Bottone, bottone! — cominciò a dire.
— Comanda, comanda.
— Fammi vedere dove si trova la mia sorella Rosa.
Il bottone si fece risplendente come uno specchio c
Violetta vide ritiessa la sua sorella nella casa dell’Orco
mentre l’ingrassavano come un’oca, perchè l’Orco potesse
in seguito farne un buon boccone.
Poi chiamò ancora :
— Bottone, bottone!
— Comanda, comanda.
— Fammi vedere dove si trova la mia sorella Mar¬
gherita.
E il bottone, diventato lucido come uno specchio, le
mostrò sua sorella in prigione legata con catene di ferro.
“ Bisogna che le salvi, „ disse Violetta. Ma non sapeva
come fare. Intanto veniva la notte, ed essa si trovava nel
bosco e aveva paura delle bestie feroci. Pensò di arram¬
picarsi sopra un albero, e durante la notte pensare al
modo di salvare le sorelle, che, quantunque fossero state
cattive con lei, all’idea che una dovesse essere mangiata
dall’Orco e l’altra condannata a morte, le venivano i
brividi.
I,\ FATA MERLIGA
115
Non era ancora bene appollaiata sull’albero, scelto per
passarvi la notte, quando senti vicino a sé un alito caldo
come se vi fosse un’altra persona, e cominciò a tremare
dalla paura. Fece per scendere dall’albero, ma senti una
mano afferrarle il braccio c non potò muoversi.
— Aiuto! aiuto! — cominciò a gridare.
— Taci, Violetta, non ti voglio far male.
— Ma chi sei?
— Sono Scimmiottino.
— Scimmiottino, lasciami andare.
— Se resti con me questa notte, farò tutto quello che
vorrai.
— Potrai salvare le mie sorelle?
— Te lo dirò domani mattina ; intanto puoi dormire,
ch'io farò la guardia.
Violetta stette tranquilla e non parlò più.
Quando spuntò l’alba e si guardò intorno, ebbe paura
vedendo che Scimmiottino era più brutto di quanto si era
immaginata.
— Come sei brutto, Scimmiottino!
— Sono brutto, ma farò tutto quello che vorrai.
— Va dall’Orco a prendere mia sorella Rosa.
NEL liEGNO DELLE FATE
\
116
— Si, se prometti di sposarmi.
Violetta, all’idea di sposare quel brutto scimmiotto, senti
gelarsi il sangue e stette zitta.
— E tua sorella Rosa se la mangerà l’Orco, — disse
Scimmiottino.
— Ebbene, salvala e ti sposerò, — disse Violetta.
Ma pensava che una volta salva la sorella ci avrebbe
riflettuto prima di sposarlo.
— Hai un pezzo di nastro? — disse Scimmiottino.
— Eccolo, — e gli consegnò il nastro che le aveva
dato la vecchia.
Scimmiottino lo prese c poi saltando da un albero al-
raltro giunse lino al palazzo dell’Orco che stava in mezzo
al bosco. Oliando fu sul tetto vi fece un buco colle sue
inani e coll’aiuto del nastro discese nella sala dove si
trovava Rosa, la quale era tutta tremante perchè l’Orco
l’avea visitata a mezzanotte, e trovatala grassa, aveva de¬
ciso di mangiarsela proprio in quel medesimo giorno.
Quando vide Sciommiottino, disse:
— Chi ti manda?
— Tua sorella Violetta.
— Che sia benedetta; e cosa devo fare?
LA FATA MEIM.IGA
117
— Attaccati al mio collo.
Rosa ubbidì subito e Scimmiottino, arrampicandosi sul
nastro, uscì come era entrato e saltando da un albero al¬
l’altro la portò nel posto dove si trovava Violetta.
— Reco tua sorella; ora devi mantenere la parola.
—■ La manterrò quando sarà salva mia sorella Mar¬
gherita.
— Dammi il tuo bottone.
Violetta glielo diede, e Scimmiottino si mise in cam¬
mino per salvare Margherita.
Giunse alla prigione proprio al momento che stavano
leggendo a Margherita la sentenza di morte e eh’essa era
legata in mezzo alle guardie.
Scimmiottino presentò alle guardie il bottone; esse per¬
dettero a quel bagliore il lume degli occhi e caddero a
terra tramortite. Allora Scimmiottino liberò Margherita e
la condusse dalle sue sorelle che furono contente di ve¬
derla. Però Violetta, pensando che ormai non c’erano più
scuse e doveva mantenere la promessa di sposar Scim¬
miottino, volle fuggire, ma sentì che i suoi piedi si pian¬
tavano in terra e facevano radice.
— Ahimè! ahimè! — disse, — non posso muovermi.
118
NEI, REONO DELLE VATE
— Mantieni la tua promessa e li muoverai, — disse
Scimmiottino.
— Sei troppo brutto.
— Non dovevi promettere; chi ha promesso deve man¬
tenere.
Intanto i piedi erano sempre più intricati in mezzo alle
radici e intorno vi nasceva un cespuglio di violette che
la coprivano tutta, non lasciandole fuori che la testa, la
quale era sempre bella.
— Aiutami, Scimmiottino.
— Sì, se mantieni la tua promessa.
— Ma non è giusto che mi sacrifichi per le mie
sorelle.
— Ebbene, — disse Scimmiottino, — che mi sposi
una di loro e ti lascio andare.
Ma Rosa e Margherita dissero di no, esse non avevano
promesso nulla.
Violetta piangeva, e le sue lagrime si trasformavano in
goccie_di rugiada che scintillavano sulle foglie dalle quali
era circondata. Finalmente vedendo che non c’era rimedio,
disse :
— Ebbene, li sposerò.
LA FATA MERLIGA
119
— Delle tue parole non mi fido più, voglio un bacio
per caparra, — disse Scimmiottino.
Violetta, visto che non c’era rimedio, sporse la testa
c lo baciò in viso.
Appena le sue labbra toccarono la faccia di Scimmiot¬
tino, egli si cambiò in un bel giovane, clic il simigliente
le tre sorelle non avevano mai veduto. -
— Peccato ch’io non abbia detto di sposarlo io ! —
pensò Rosa.
— Peccato che Pabbia^rifiutato ! — pensò Margherita.
Ma Violetta, invece, ne fu tutta contenta, perche senti
che i suoi piedi erano liberi e che era innamorata di quel
bellissimo giovane.
120
NEL IìEfJNO 11ELT.E FATE
— Sono il figlio del re Rubino, — disse il giovane,
— ina perche ero troppo vano per la mia bellezza, la
fata Merliga, che i buoni premia, e i cattivi castiga, mi
condannò ad essere trasformato in un scimmiotto lincile
non trovassi una fanciulla clic mi baciasse e promettesse di
sposarmi. Ora, è rotto l’incanto e tu, Violetta, sarai mia
sposa e voi, Rosa e Margherita, sarete le sue damigelle,
giacché l’avete disprezzata. Sarete incaricate di sostenere
lo strascico del suo manto.
Esse scoppiavano dalla rabbia a quelle parole e giura¬
rono di vendicarsi.
Violetta non diceva nulla e teneva la lesta china in alto
modesto.
— E tu, Violetta, cosa fai? — le disse il suo sposo.
— Aspetto gli ordini del mio principe.
— Senti, Violetta, ora devo ritornare solo nel regno
di mio padre per annunciargli il mio matrimonio, e tu
devi tornare alla tua vecchia casa colle tue sorelle c quando
vedrai venire gli ambasciatori di mio padre per prenderti
devi dire cbe sei di sangue reale e seguirli. Eccoli il tuo
nastro e il tuo bottone che serviranno per farti riconoscere.
Poi fece per andarsene, ma quando fu ad un certo punto
r-*.v.
LA FATA MERLIGA
123
ritornò indietro, la chiamò in disparte per dirle una parola
senza che le sue sorelle potessero udire.
— Senti, Violetta, — le disse, — se per caso tu per¬
ilessi il nastro e il bottone, eccoti un anello che nessuno
ti potrà togliere dal dito. — E le mise in dito uno splen¬
dido anello di rubini^ poi disse ad alta voce: — Per tro¬
vare la vostra casa dovete aspettare la notte; vedrete delle
lucciole che risplenderanno fra gli alberi; seguitele, esse
vi serviranno di guida.
Poi egli se ne andò da una parte e le tre sorelle dal-
Paltra.
Quando fu notte videro una lunga fila di lucciole che
splendevano in mezzo al verde; esse le seguirono fino al¬
l’alba e si trovarono proprio davanti alla loro capanna,
riconobbero le tre caprette che saltarono loro incontro a
festeggiarle e ripresero la vita di prima. Però Violetta era
impaziente che venissero gli ambasciatori del re Rubino,
e le altre due avevano tal rabbia colla sorella che l’avreb¬
bero uccisa volentieri per poter sposare in sua vece il
principe.
Un giorno Rosa pensò che quando venivano gli am¬
basciatori avrebbe potuto presentarsi al principe e dire
124
NKI, HEIiNO DICI.I.E I ATI:
clic era Violetta : rassomigliava tanto alla sorella che non
Parrebbero certo scoperta ; però non aveva nessun segnale
per l’arsi riconoscere, e una notte, mentre Violetta dormiva,
le rubò il nastro.
Margherita ebbe lo stesso pensiero, e senza dir nulla
a Rosa, una notte, mentre Violetta dormiva, le rubò il
bottone.
L'anello, nessuno glielo poteva rubare perchè bruciava
la inano a chi volesse toccarlo.
Un giorno clic Violetta era a pascolare la sua capretta,
capitarono gli ambasciatori del re Rubino, con una car¬
rozza di rubini, per prendere la fidanzata del principe.
Sentendo il suono di una marcia trionfale, Rosa usci dalla
sua casa e fece un inchino agli ambasciatori.
— Siete di sangue reale ? — le dissero.
— Sì, — rispose Rosa.
— Come vi chiamate?
— Violetta.
— Allora fatemi vedere un segnale.
Fece vedere il nastro.
— Deve essere questa, — dissero gli ambasciatori.
F le diedero un vestito tutto sparso di rubini, la fecero
LA FATA MERL1GA
127
sedere nella carrozza e la condussero al suono della marcia
trionfale alla corte del re Rubino.
Appena arrivò, il principe le andò incontro, le guardò
la mano, e disse al re:
— Babbo, non è questa.
— Ma se ha mostrato il segnale!
— Ma non ha l’anello, e questa non la voglio.
— Vedremo, — disse il re.
E ordinò che nel suo giardino si facesse una buca pro¬
fonda e vi si mettesse dentro la fanciulla.
Essa gridava e supplicava che piuttosto la lasciassero
ritornare a casa sua; ma tutto fu inutile; fu presa, spo¬
gliata e cacciata dentro alla buca.
Appena fu sepolta, nacque come [ter incanto in quel
medesimo posto un cespuglio di rose.
— Or vedi, babbo, — disse il principe, — che non
era Violetta. , i
— Hai ragione, liglio mio; mandiamo a prendere la
tua fidanzala.
E mandarono di nuovo gli ambasciatori al Bosco delle
Tentazioni.
Violetta era fuori che pascolava la sua capretta, e fu
338
NIX REfINO DEI.LE FATE
Margherita ad accorgersi del loro arrivo. Essa andò loro
incontro, e disse:
— Chi cercate ?
— Violetta, — risposero.
— Sono io ((nella.
— Falerni vedere il segnale.
Essa mostrò il hollone, e gli ambasciatoli le mi.sero il
vestito sparso di rubini e la condussero alla corte del re
\
Rubino. \
Oliando vi giunse, il re disse al principe:
— Abbraccia la tua sposa.
— Non è questa, babbo, — disse il principe.
— Se ba mostralo il segnale!
— Si, ma non ba Panello: non è questa, non la voglio.
Allora il re disse: — Vedremo, — e ordinò che in
giardino si facesse una buca profonda. Quando fu l'atta
la buca, il re ordinò clic vi si mettesse dentro la fanciulla.
Essa gridava, domandava perdono c chiedeva clic la si
lasciasse ritornare a casa sua. Ma tutto fu inutile: il re
la fece spogliare e mettere dentro alla buca.
Appena fu sepolta, in quel posto nacque subito un ce¬
spo di margherite. ,
Pilli
Essa mostrò l’anello di rubini (pag. 1:50).
Uen si vede clic non era quella ! — disse il principe
il re ordinò aedi ambasciatori che andassero a pren¬
dere Violetta.
A el regno delle Fitte.
17
130
.NEI, REfiXO DELLE FATE
la sua
condussero in carrozza, a suono della marcia trionfale,
alla corte del loro re.
Appena arrivala, il principe le corse incontro, le prese
la mano, e disse al re:
— Ecco la mia principessa.
11 re l’abbracciò : la chiamò sua lidia c le disse di
LA FATA MERLILA
IBI
•chiedere una grazia, fosse pur stata la metà del suo re¬
gno; ci gliel’avrebbe accordata.
— Voglio sapere che cosa è accaduto alle mie sorelle.
. — Sono fra i più bei fiori del tuo giardino.
Essa volle andarle a vedere, e quando passò vicino alla
rosa, s’udi chiamare, c capi che quella era la sua sorella.
•Quando passò vicino alla margherita, s’udi chiamare an¬
cora e capi che quella era l’altra sorella. Essa avrebbe
voluto salvarle; ma quando il principe le raccontò quello
che avevano fatto, disse che meritavano la loro sorte ; sol¬
tanto proibi a tutte le persone della corte di cogliere rose
o margherite, perchè ad ogni fiore che si strappava, si
udiva come un lamento, ed erano castigate abbastanza col
dover stare là immobili ad assistere al trionfo della loro
sorella, cbe tutti amavano ed adoravano per la sua bontà
e bellezza.
*
* #
Il re Rubino fece delle nozze splendide come non ve ite¬
rano mai stale, e invitò la fata Merliga, la (piale si mostrò
alle nozze nel suo vero essere, cioè bella come una dea e
N1ÌI- HKCiNO DKI.I.B KATK
IH ■>
Fata Merliga,
Che i buoni premia
E i cattivi castiga.
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stelle che abbagliava gli occhi. Essa lece agli sposi degli stu¬
pendi regali, però prima di lasciarli disse loro:
— Ricordatevi d’insegnare ai vostri figliuoli ad esser
buoni e a rammentarsi della
ROS PINO.
R 0 S P I N 0
In casa lo chiamavano
Rospino : non arca più ge¬
nitori e i suoi fratelli non
lo potevano vedere. Tutte
le fatiche che c’erano da
; fare doveva farle lui; se
EiPri ...
11011 erano per-
J cosse che non linivano più.
‘■Rospino, fa questo! Rospino, fa quello! Rospino, scopa
la stanza! va ad attingere l’acqua! Rospino, porla la le¬
ena! .. Non si sentiva altro in tutta la casa.
E Rospino correva di qua, correva ili là, non slava mai
fermo un minuto, non aveva tempo da mangiare, né da ve-
NEL REGNO DELLE FATE
136
stirsi; i suoi vestiti erano stracciali e cadevano in brandelli,
ma non ne aveva colpa poiché non
poteva cambiarli, nè aggiustarseli.
1] in casa gli dicevano continua¬
mente :
— Straccione sei c straccione
resterai !
Ed egli, quando era stanco di
sentir rimproveri, sgusciava fuori e
andava a ricoverarsi nel tronco di un albero dove aveva
stabilita la sua dimora, perche almeno là lo lasciavano
tranquillo.!Un giorno gli ordinarono:
— Rospino, fa il bucato.
Ed egli aveva fatto il bucato.
— Rospino, semina questo campo di grano.
ROSPINO
137
Ivi egli lo aveva seminato.
— Rospino, porta la legna.
E aveva portata la
legna, ma non ne pote¬
va più.
— Rospino, accendi
il fuoco.
Ed egli aveva ac¬
ceso il fuoco.
— Rospino, va sulla
montagna a prendere un fascio d’erba per le bestie.
Egli non si mosse: le sue gambe non potevano reg¬
gerlo.
Allora co¬
minciarono a
bastonarlo.
— Poltro¬
ne sei e pol¬
trone resterai :
muovili una
volta, siamo stanchi di vederti mangiare il pane a tra¬
dimento.
Nel regno delle Fate.
1S
NEL REGNO DELLE FATE
.138
v.'v
___
Kos] .ino al bosco.
— Cosi
non tornerei
1 E Rospino usci di casa,
ma quando fu a metà strada
non potè più andare avanti
c cadde a terra dalla stan¬
chezza. Egli piangeva; ma
sid monte non poteva an¬
darci, perchè era stanco; e
ritornare a casa, peggio an¬
cora, perchè lo avrebbero
bastonato.
Passa di là una vecchia :
— Che hai, Rospino,
clic piangi?
Rospino, sentendosi chia¬
mare, alzò la testa e disse:
— Sono stanco.
— Vuoi tornare a casa ?
— No, ho paura che mi
bastonino.
— Vuoi andare lontano?
e a casa
potessi camminare, andrei lontano
più !
ROSPI NO
139
— Mi piaci e li voglio aiutare, — disse la vecchia. —
Prendi questo mantello; quando l’avrai indosso esprimi un
desiderio c sarai subito soddisfatto.
Rospino ringraziò la vecchia c prese il mantello, e
— Vorrei sapere quello che pensano a casa di me, —
disse mettendosi il mantello.
Egli si trovò subito presso la porta di casa e udì i
suoi parenti che dicevano:
— E Rospino che non torna più !
— Tornerà, tornerà, state tranquilli, —diceva sua zia;
— tornerà per l’ora della cena quel poltrone, che non è
buono che a mangiare il pane a tradimento.
— E se non tornasse? — dicevano gli altri.
— Ne faremo senza.
— E chi farà i suoi lavori?
— Li faremo noi.
Ma intanto quella sera la cena era bruciala, perchè non
ci aveva messo mano Rospino; e la sua cugina Rosa, che lo
aveva sempre protetto e aveva cercato spesso di rispar¬
miargli le busse e le fatiche, andava dicendo:
— Rospino non torna più, e voi ve n’accorgerete se
mangiava il pane a tradimento!
140
Nl'L liKE.NO DKLI-E FATE
— Rospi no ritornerà, — le diceva la mamma.
Ma Rospino non tornò. Egli desiderò di andar lontano
lontano, in un buon albergo, davanti ad una buona cena, e
si trovò infatti seduto a tavola in buona compagnia, ebbe
un buon letto per dormire, c quando desiderò pagare trovò
clic aveva le tasche piene di monete d’oro.
Era felice di poter finalmente veder appagati i suoi
desideri e si teneva ben stretto al collo il suo mantello
per paura di perderlo.
Egli desiderò di girare il mondo, e alla notte quando
andava a letto diceva:
— Domani vorrei essere in Cina.
E il giorno dopo si trovava in Cina.
— Domani vorrei essere in mezzo al mare.
E il giorno appresso si trovava sopra un bastimento
in alto mare.
Il E in questo modo girò tutto il mondo, ma trovò che
dappertutto c’erano dei ricchi, dei poveri, degl’infelici e
dei malcontenti, e ciò lo metteva di cattivo umore.
Un giorno disse:
— Vorrei trovarmi vicino ad una persona felice.
E si trovò tosto in un campo fiorito presso ad un barn-
bino di .sette anni
clic, sorridendo,
mangiava un pezzo
credeva che solo i
Il ve Possente. -
re fossero felici !
pensò Rospino. E per vedere se lo fossero davvero, espresse
il desiderio di passare un po’ di tempo alla corte del re
Possente, che aveva sentito nominare come il re più grande
della terra.
Non aveva ancor dette queste parole, ed eccolo là
NEL REGNO DELLE FATE
142
corte del re, in un palazzo stupendo, colle colonne d’oro
massiccio, i tappeti e le mura sparse di diamanti c pietre
preziose.
Per le sale del palazzo passeggiavano una quantità di
persone, tutte vestite di raso e di damasco, coi cappelli
guerniti di piume di struzzo c fermagli di gemme. Le dame
avevano dei manti collo strascico d’oro e di argento, e
portavano in testa delle corone di diamanti, rubini e sme¬
raldi che abbagliavano la vista ; ma tutti erano preoccu¬
pati e nessuno sorrideva.
Specialmente la principessa, die era una bella fanciulla
«li sedici anni, aveva le lagrime agli ocelli e faceva pietà.
ROSPI NO
14»
“So potessi parlare alla principessa!., pensò Ruspino
c si trovò subito nella stanza della principessa, seduto ac¬
canto a lei.
— Aspettavo un sapiente che ini potesse consigliare nella
mia sventura, — disse la principessa: — siete voi quello?
— Son io, — rispose Rospino, — ma bisogna dirmi
la causa della vostra tristezza e forse vi aiuterò.
1/ . .
La principessa allora gli raccontò che suo padre voleva
darla in isposa al principe Smeraldino, ma ch’essa non po¬
teva soffrirlo, e il re suo padre le aveva detto quel giorno
stesso : “ 0 sposi il principe Smeraldino, o questa notte
ti uccido. „
— E perchè non volete sposare il principe Smeraldino ?
— chiese Rospino.
— Perché ho promesso la mia mano al principe Grazioso.
— E il principe Grazioso dove si trova?
— Nel Bosco Incantato, e là deve restare tinche io sia
passata per tre prove, cioè per quella della terra, per quella
dell'acqua e per quella del fuoco, c se potrò vincere, sarà
mio; ma se mio padre ini uccide siamo perduti lutti e due.
Si dicendo, piangeva, piangeva, che avrebbe fatto pietà
ai sassi.
il
144
NEI, 1 Eli NO PELLE FATE
— Io posso salvarti, — disse llospino.
— Salvami per carità!
— Però mi chiedi un immenso sacrificio, perché devo
privarmi di questo mantello che mi fa avere tutto ciò che
desidero.
— Io lo compero: dimmi quanto vuoi.
— La vostra collana, — c accennò ad una collana
di perle grosse come sassi che aveva al collo la principessa.
— Cosi poco? — ella disse, c gli lece dare, oltre
alla collana, tutti i suoi denari, i suoi gioielli, le sue vesti,
tutto quello che possedeva; il mantello fu suo.
llospino pensò che con tutte quelle ricchezze potrebbe
del pari appagare i suoi desiderii, e partì col suo tesoro,
•coll’intenzione di viaggiare per qualche tempo e poi fab¬
bricarsi un bel palazzo e iinir la sua vita tranquillamente.
La principessa era felice di avere il mantello fatato,
che poteva appagare tutti i suoi desideri e (piando venne
il principe Smeraldino per farla sua sposa, essa chiese al
mantello d’essere invisibile c tosto scomparve agli occhi
di tutti.
Il re la fece cercare per tutto il palazzo. Non vi fu
verso di trovarla.
UOSPIKO
1 17
— Non si trova, — disse ;il principe Smeraldino.
— 0 mi dai la tua figliuola o ti distruggo il regno.
L il re Possente sapeva che era capace di mantenere
la parola.
Egli si disperava di non trovare la figlia e chiamava :
Vieni, vieni a me vicina,
Deh non far la mia rovina!
La principessa ebbe compassione dei lamenti del padre,
e si lece vedere.
— A quando le nozze? — disse Smeraldino.
— Aspetta domani, — rispose la principessa.
— Aspetterò, ma se non mantieni la tua promessa,
guai a le!
Quando fu notte la principessa disse alle damigelle
che la spogliavano :
Voglio dormire con questo mantello, e ricordatevi che,
se per caso io morissi, voglio che sia sepolto con me.
— Perchè parli di morire, principessa?
— Non si sa mai quello che può accadere, potrei mo¬
rire anche questa notte.
Quando le damigelle si furono ritirate, la principessa
s’avvolse nel mantello e disse :
148
NEI, REGNO HEM.E FATE
— Se potessi morire!
Appena pronunciate queste parole, divenne fredda
fredda, immobile; e alla mattina le damigelle corsero tutte
spaventate a piangere e raccontare al re e alla regina che
la principessa era morta.
Il re e la regina dovettero vedere per credere. In quanto
al principe, egli non fu contento finché non la toccò, e
senti che era fredda come fosse di ghiaccio.
Temeva un inganno: perciò disse:
— Datemi almeno i suoi capelli.
Egli sapeva che la principessa aveva i capelli fatali, che
se si fosse sposata con qualcun altro avrebbero preso il
volo per andare a mettersi sotto il velo e la corona nu¬
ziale. La regina non voleva che si toccasse la sua ligliuola;
ma il re, temendo la vendetta del principe Smeraldino, or¬
dinò che gli fossero date le treccie bionde della principessa.
E il principe parti contento, persuaso che se vi fosse
inganno lo scoprirebbe, e chiuse le treccie della princi¬
pessa in un cofanetto d’oro.
Alla principessa fecero dei solenni funerali. Quando
fu il momento di seppellirla, i becchini apersero la cassa
per vedere se c’era qualche oggetto da rubare.
& 'W’v •
%B%m
-fàmm
— Guarda clic bel
mantello! — disse uno
— n’ho proprio bisogno,
questo è buono per me.
So non mantieni la tua promessa, guai a te! (pag. 117).
NEI, REGNO DELLE FATE
150
li mentre stava per toglier l'anello, clic non voleva
uscire dal dito, udirono un certo rumore e temendo d’es¬
sere scoperti, via se ne andarono l’uno a mani vuole, l’altro
col mantello fatalo, avendo prima gettato qualche manata
di terra sulla cassa mezzo scoperta della principessa.
Essa, non avendo più il mantello, si riscosse, tornò viva
Si riscosse e tornò viva.
e usci dalla cassa, gettando via da sé la terra che i hec-
chini le avcvan posto sopra.
Al primo momento ebbe paura di trovarsi sola in mezzo
al cimitero; poi pensò che era meglio là che nelle mani
di Smeraldino e aspettò che sorgesse l’alba.
Quando spuntò il giorno, usci dal cimitero e incontrò
una pastorella.
— Pastorella, pastorella, vuoi che mutiamo vestili?
110SP1X0
151
Quelli della principessa erano di seta c la pastorella
acconsenti.
— Pastorella, pastorella, vuoi darmi la tua pecorella?
— E tu in cambio che cosa mi dai ?
La principessa le mostrò l’anello che aveva in dito.
Visto che era d’oro, la pastorella fu tutta contenta,
lo pigliò e le diede in cambio la sua pecorella.
La principessa, coi capelli tagliati e vestita da pasto¬
rella, era certa che non l’avrebbero riconosciuta nemmeno
i suoi genitori ; e così andò lontano lontano, finché trovò
una casetta ai piedi di un monte e picchiò.
— Chi è? — chiese una voce entro la casetta.
— Sono una pastorella clic chiede lavoro.
— Sai cucinare ?
— M’ingegno.
— Sai fare il bucato?
— M’ingegno.
— Allora entra.
La porta s’aperse e la principessa entrò. Si trovò iti
una stanza modesta, dove una vecchietta stava seduta ac¬
canto al fuoco.
— Ora fammi da cena, — le disse la vecchia.
NEL REGNO DELLE FATE
152
La principessa non sapeva come fare; era la prima volta
die ci si provava. Però, per paura d’essere scoperta, mise
al fuoco la pentola, e cominciò a dire:
Bolli, bolli, pentolina,
Finché sia pronta la cena.
Ma la pentola non voleva bollire.
— Bisogna attizzare, — disse la vecchia.
E la principessa cominciò ad attizzare il fuoco, ma non
c era avvezza, e si scottò un dito.
Essa diede un grido e la vecchia volle vedere.
— Hai la manina bianca e piccina, clic sembra quella
di una regina, — disse la vecchia.
Ma la principessa non rispose, e si mise con maggior
premura a preparare la cena.
Quando la cena fu pronta, mangiarono tutte e due, poi
andarono a riposare.
La mattina appresso, la vecchia disse :
— Oggi., mi farai il bucato.
La principessa non sapeva farlo, perché era la prima
volta che ci si provava. Ma ella mise coraggiosamente le
mani nell’acqua calda e si diede con tutta la forza a la¬
vare e insaponare la biancheria.
•>7s'ns>
ROSPINO
155
Oliando ebbe lavato un po’ di roba, s’accorse clic le
suo mani erano rosse e spellate.
— Lascia vedere — disse la vecchia: — hai la ma¬
nina bianca e piccina clic sembra quella d’una regina;
queste faccende non sono fatte per le.
Ma la principessa non disse nulla e continuò a [torre
in assetto la casa.
Mentre girava di qua e di là, la vecchia diceva, osser¬
vando il piede:
— Hai un piedino piccino piccino, che sembra quello
d un ballerino.
Ma essa non rispondeva c continuava a lavorare.
Più tardi venne un gran temporale, e la regina, clic
passeggiava nel bosco, dovette ricoverarsi nella casetta
della vecchia.
Quando la principessa s’accorse che era sua madre
([nella che entrava, cominciò a tremare dalla paura d’es¬
sere scoperta. IO tremò ancor più al sentir domandare alla
vecchia:
— 10 quella ragazza è vostra figlia ?
— No, è la mia fantesca; ma perché mi l'ale questa
•domanda ?
NEL REGNO DELLE FATE
156
— Perche avevo anch’io una figliuola come quella,
ed è morta. Non me ne posso consolare.
— Siete ben sicura che sia morta ?
— L’ho accomodata io nella cassa, era tanto bella,
aveva una manina piccina piccina, come una bambolina.
li la principessa nascose le sue manine sotto il grembiule.
Poi soggiunse la regina:
— Aveva un piedino piccino piccino, come un ballerino.
E la principessa, a quelle parole nascondeva i suoi piedi
sotto le gonnelle.
— Consolatevi, buona regina, che riavrete la vostra
piccina, — disse la vecchia.
— Davvero? ma quando?
— Quando questa campana suonerà, quando questa
lumaca si muoverà, quando questo gallo canterà.
Sì dicendo, le diede una campana senza battaglio, un
guscio di lumaca e un uovo.
La regina prese quegli oggetti, la ringraziò, poi le disse :
— Chiedete quello che volete, fosse pure la metà del
mio regno, ve la darò.
— Mi basta che mi invitiate alle nozze della vostra
figliuola, — disse la vecchia.
Lesta, lesta, pesta, pesta (pag. 163).
KOSIMNO
— Sarà l’atto, — rispose la regina.
E se ne andò tutta contenta, nella speranza di ricu¬
perare la sua figliuola.
Quando la regina se ne fu andata, la vecchia disse
alla principessa:
— Ti nascondi inutilmente, tu sei la figlia della
regina.
— Come ve ne siete accorta?
— Hai nascosto le tue manine e i tuoi piedini.
— Per carità, non mi tradite!
— Anzi ti aiuterò, ma ascoltami. Ormai sci passata
per le prove della terra, dell’acqua e del fuoco, e non ti
resta che poter penetrare nel Bosco Incantato, incontrare
e liberare il principe Grazioso.
— Insegnatemi come devo fare.
— Prima di tutto dovrai andare sempre dritta per la
tua strada senza voltarti indietro; troverai degli intoppi,
ma tu devi andare sempre avanti. Porta con te un fascio
d’erba e un sacco di grano. Se incontri animali con quattro
gambe, getta l’erba; se ne incontri colle ali. getta il grano;
c prima di lutto non aver paura.
La principessa prese il fascio (l’erba e il sacco di grano
H)0
NEI. REGNO OEI.I.E FATE
e si mise in cammino. Appena giunta nel bosco, udì delle
voci uscire dagli alberi.
— Non si passa, non si passa.
E il bosco si lece più litio e le foglie si intrecciavano
in modo che era faticoso il camminare. Ma la principessa
non badò a quelle voci e andò avanti.
Dopo alcuni passi le venne incontro una truppa di asi-
nelli che gridavano:
Ilio. Ilio, Ilio
Qui no, qui no, qui no.
Essa gettò loro il fascio d’erba e andò avanti.
Trovò poi una schiera di galli, galline, anitre e oche
•che gridavano a squarciagola:
No qua, no qua, no qua.
No qui. no qui, no qui,
Va là, va là, va là, /
Va giù, va giù, va giù,
Cu cù, cu cù, cu cù.
Da povera principessa era stordita, ma non si perdette
di coraggio e vuotò in terra il sacco di grano.
Tutti quegli animali si diedero a beccare il grano ed
essa potè tirare innanzi.
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IlOSPINO
163
Ad un certo punto si trovò davanti ad una barriera di
serpenti, rospi, lucertole, scarafaggi ed altri rettili clic
le sbarravano la via. Essa non aveva avuto istruzioni
dalla vecchia per tale specie di animali, e non sapeva
come fare, perchè non aveva più erba e non aveva più
grano. E se voleva andare avanti doveva mettere i pie¬
dini su quei rettili e schiacciarli; ma ne aveva schifo e
paura.
Però sentiva dietro di sé una vocina che le diceva:
Lesta, lesta, /
Pesta, pesta.
Doveva essere la voce della vecchia: si fece coraggio
e cominciò a pestare coi suoi piedini quegli orribili animali.
Mano mano che pestava qualche bestia, ne uscivano delle
belle fanciulle, che tutte allegre si mettevano a correre in
mezzo alle piante.
Erano le ninfe del bosco che per virtù della princi¬
pessa avevano acquistata la loro libertà.
E la principessa andava sempre avanti. Era giunta la
notte e vedeva in mezzo al bosco come una stella clic
guidava i suoi passi. Quando fu vicino a quella stella.
NEI. RE*>NO DELLE FATE
s’accorse clic era come un globo di fuoco clic illuminava
l’atrio di un palazzo. Essa entrò e si I rovo in una gran
sala, alla presenza del principe Grazioso, clic se ne slava
seduto sopra un divano, lutto circondato dalle ninfe del
bosco.
Appena vide entrare la principessa. Grazioso le corse
incontro e la chiamò sua liberatrice.
— Ero stanco — disse — di stare in questa pri¬
gione dorata, e sono tulio lieto di veder giunto il momento
della mia liberazione, q
— Usciamo di qua, — disse la principessa.
— Non si può, — rispose il principe, — se non tro¬
viamo il mantello incantato.
— L’ho avuto, ma me l’hanno rubato, — disse la
principessa.
— Da chi l’avesti ?
— Da Rospi no.
— E Rospino lo deve trovare.
Il principe Grazioso chiamò il gemello, ch’egli aveva
per domestico:
Pino, Pino, Pino.
ROSPI NO
1<)7
Si presentò un bambino colle ali.
— Va a vedere dov’ò Rospino.
Il genictto volò via e ritornò poco dopo dicendo che
Rospino era in Portogallo.
— E il mantello incan¬
tato?
— Si trova pure in Por¬
togallo sulle spalle del bec¬
chino che lo ha rubato.
Prima, il genietto aveva
servito il principe, ma non
poteva uscire dal bosco; or
clic l’incanto era rotto, po¬
teva girare il mondo.
Infatti il genictto strappò
via il mantello dalle spalle del
becchino, mentre questi dor¬
miva, e lo portò su quelle di Rospino, il quale, quando s’ac¬
corse d’aver di nuovo il mantello incantato, desiderò ritornare
dalla sua principessa [ter vedere clic ne fosse avvenuto e come
inai s’avesse lascialo rubare il mantello, e si trovò subito
nel bosco, presso la principessa e il principe Grazioso.
ics
NIX 11 KG NO DIU.LE l’ATK
V
r
li
Essi gli fecero grandi
accoglienze, e il giorno ap¬
presso, appena spinila la Pal¬
lia, fecero stendere a terra
il mantello, vi salirono so¬
pra tutti c tre, cioè il prin¬
cipe, la princ ipessa c Rospi-
no, e dissero:
Mantello, mantello,
Vola come un uccello,
E ci porta immantinente
Alla corte del re Possente.
Il mantello si alzò e via condusse tutti e tre [nesso
al palazzo del re Possente, ma il cancello era chiuso e
non poterono entrare.
Intanto la regina si svegliò e udì la campana senza
liallaglio. die teneva nella sua camera, suonare tult’ad
un tratto:
Don, don, don, da,
La principessa è qua.
E la lumaca correre per la camera con una fretta
die non si sarebbe mai aspettata da un simile animale.
R08PIN0
171
Poi vide uscire dal guscio d’uovo un galletto che can¬
tava allegramente :
<'liiccliiricbì, chicchirichì, chicchirichì,
' La principessa è qui.
Poiché la campana suonava, il gallo cantava e la lu¬
maca correva, Insognava proprio dire che la principessa
fosse vicina.
La regina si vesti in fretta e uscì dal palazzo.
Appena il cancello fu aperto, la sua figliuola le saltò
al collo e le presentò il principe Grazioso e Rospino.
Alla regina non parca vero d’aver ricuperata la figlia
e promise di darla in isposa al principe Grazioso; anzi
avrebbero fatto subito le nozze.
Però, prima bisognava mandare ad invitare la vecchia
clic le aveva dato la notizia che la figlia era ancor viva.
Mandò un messo ad invitarla e si fecero i preparativi
per le nozze.
Quando arrivò la vecchia e tutto fu pronto, la prin¬
cipessa si vestì con un abito bianco intessuto di fili di
argento, e coperta da un velo bianco andò al tempio,
dando il braccio al principe Grazioso. Tult’ad un tratto,
mentre si dirigevano al tempio, tutti guardarono in alt»
MCI. HICONO DICLU-: l’ATK
La regina si vestì in fretta e usci «lai palazzo.
Smeraldino, clic volava verso la principessa come un uc¬
cello. La principessa, appena s’accorse dell’arrivo di Sme¬
raldino, cominciò a tremare dalla paura. Anche il prin-
c videro comparire le treccie bionde della principessa alle
quali stava attaccalo con ambedue le mani il principe
ROSPINO
175
cipe Grazioso non sapeva da che parte voltarsi ed era
divenuto bianco come un cencio lavato.
Ma c’era là presso la vecchia che aveva aiutalo la
principessa, e disse :
— Coraggio! ci sono io.
Infatti, quando il principe Smeraldino fu quasi a terra,
la vecchia toccò le treccie bionde col suo bastone.
Le treccie andarono in fiamme col principe Smeral¬
dino, il (piale appena vide la vecchia gridò :
La mia nemica m’ha veduto;
Son perduto, son perduto.
E da (pici momento il principe Smeraldino si cambiò in
una cometa, e la coda luminosa fu formata dalle treccie
della principessa.
— Sarà la vostra stella, — disse la vecchia. — Quando
la vedrete splendida non avrete nulla a temere; se la ve¬
drete offuscarsi, venite da me che vi aiuterò.
E si dicendo scomparve.
Gli sposi, [lassato quest’incidente, non ebbero più nulla
a temere, furono felici e contenti per tutta la vita; e la
notte brillava sul loro palazzo la cometa più bella die mai.
17(i
NIX ÌÌP/ÌNO IIM.I.H l'ATK
Vollero dare un premio anche a Rospino, che li aveva
tanto aiutati e gli chiesero clic cosa desiderasse.
Egli desidero di possedere il castello del re, che era
situato proprio nelle vicinanze della sua famiglia, c il re
glielo diede.
— Straccione sui e straccione resterai.
Rospino arrivò al suo castello in un grande equipaggio
tirato da quattro bellissimi cavalli coi linimenti d’oro e
con un gran seguito di servi c bagagli.
Quando passò per il suo paese, tutti vennero fuori
dalle loro case e gli cavarono tanto di cappello facendo
un mondo d’inchini; ma nessuno lo riconobbe, nemmeno
roshno 177
i suoi parenti, i quali, dopo che era partito lui, che la¬
vorava più di tutti, erano diventati miserabili.
Egli prese [(ossesso del castello, e il giorno appresso
vide venire una quantità di poveri a
Il banchetto di nozze (pag. 179).
— Straccione sei e straccione resterai!
Egli capi che era Rospino e se ne andò via tutto
confuso.
Ne venne un altro più tardi.
— Signore, fate la carità.
— Pigrone sei e pigrone resterai !
Capì che era Rospino e se ne andò confuso.
23
Nel regno delle Fate.
NEL REGNO DELLE FATE
— Mi vuoi sposare? — le disse Rospino.
Rosa era tulla confusa e non voleva credere ai suoi
li.
— Io sono il tuo cugino Rospino; quando ero povero.
ROSPI NO
179
non mi hai disprezzato, ed ora che sono ricco voglio ri¬
compensarti.
Rosa accettò. Fecero grandi feste e splendide nozze
con numerosi inviti, e gli altri parenti creparono di
rabbia e stettero a rodersi le dita.
IL FIGLIO DEL RE.
_ J
IGLIO DEL RE.
C’era una volta un re e una re¬
gina, i quali erano disperati di non
aver figliuoli, c specialmente la re¬
gina piangeva piangeva che era uno
strazio.
Un giorno pensò di andare a domandare alla fata
Sabina in che modo potrebbe aver ligli.
A questo scopo si mise in viaggio con molti carri pieni
di rcg ali e con dei sacelli di monete d’oro, e arrivò
nel regno della maga Sabina, clic era poco lungi dal
suo. Il regno della maga Sabina si trovava in mezzo ai
184
NEI, REGNO IIEI.T.E FATE
boschi, cogli alberi alti alti da toccare il cielo. Gli abi¬
tanti consistevano in rospi, ranocchi, maiali, cani, gatti,
scimmiotti, e altri animali strani che avevano la testa di
leone e di tigre, le braccia e il corpo come persone.
La maga Sabina abitava in una grotta guardata da
Il re e la regina erano disperati (li non aver figliuoli (pag, 183).
due sfingi, animali colla testa di donna e il corpo di leo¬
nessa. Dentro la grotta poi saltavano rospi, ranocchi, sorci
ed altre simili bestie schifose.
La maga Sabina era seduta sopra un trono di pietra
ed aveva davanti una caldaia che bolliva, bolliva sempre,
e nella quale rimestava con una bacchettimi che teneva
in mano.
Appena vide comparire la regina col suo seguito si
f *M P A PEPI !
Ipapehacia
La maga Sabina,
IL FIGLIO DEL RE
187
mise a borbottare e la sua faccia si rabbuiò ; ma quando
vide i bei regali che le portava, si calmò e le chiese che
cosa volesse.
— Bramerei avere un figliuolo, — disse la regina.
La maga rimestò nella caldaia, ne trasse un pizzico
di miglio, poi le disse:
’ Mangia questo miglio
E avrai un figlio.
La regina mangiò il miglio e se n’andò tutta felice
all'idea di aver finalmente l’erede tanto desiderato. ,
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Infatti, in capo a nove mesi le nacque un bel figliuolo,
che chiamarono Desiderato; e non vi so dire l’allegria
che si fece alla corte in quell’occasione.
La regina però volle ancora consultare la fata Sabina
188
NEL REGNO DELLE FATE
sull’avvenire del suo figliuolo, e la maga non le rispose
che queste parole:
Il Re e la Regina.
profezia della maga. Però il principe Desiderato aveva dei
capricci, e qualche volta si chiudeva nella sua camera e
non si lasciava vedere da nessuno; qualche altra si metteva
in capo una cosa e, volere o non volere, dovea esser quella.
-h/L- '<>
Himnw stella
I. Piti LIO DEI, HE
191
Il re e la regina non osavano negargli nulla, ma s’im¬
pensierivano di quel carattere tenace c capriccioso.
La regina ritornò per la terza volta dalla maga Sabina,
e questa non le rispose altro che
Ti (lava molto da favo,
Se lo vuoi un dì sposare.
— C’è tempo! — disse la regina.
Il principe Desiderato aveva allora quindici anni, e
non ci pensò più.
Però giunse all’età di venti anni e il re desiderava
che si sposasse per vedere continuata la loro stirpe, ed
anche la regina, che si rammentava la profezia della maga,
non vedeva l’ora che un simile avvenimento fosse com¬
piuto, tanto per non pensarci più. Il re parlò del suo
progetto al principe e gli disse :
— E tempo che tu ti scelga una sposa.
— Non mi voglio sposare, — disse il principe.
— Perchè? — chiese suo padre.
— Son troppo difficile d’accontentare, — rispose il
principe.
Allora il re pensò di riunire in una sala del suo pa-
192
NEL REGNO DELLE FATE
lazzo dodici principesse, una più bella dell’altra, per vedere
se ce ne fosse una che andasse
a genio al suo figliuolo.
Infatti, tutte e dodici erano
belle, ma ce n’era una clic le su¬
perava tutte, ed era la principessa
Stella ; essa si teneva certa d’es¬
sere la preferita,
m . <3
ed anche le altre
conoscevano la
sua superiorità ed
erano pronte a ce¬
derle la palma.
Quando furo¬
no tutte riunite
nella sala del pa¬
lazzo reale, il re
disse al principe :
— Entra, e vedi se ce n’é una che li possa piacere.
Il principe entrò, diede un’occhiaia a tutte, ma gli
parve che non valesse la pena di osservarle troppo; quando
fu presso alla principessa Stella si fermò. Questa si teneva
— Mi vendicherò, - disse la principessa Stella.
IL figlio del re
195
certa d’essere scelta dal principe, ma egli le guardò le
spalle, e disse: “non ha ali, non la voglio,,, e usci
dalla sala lasciando il re, la regina e tutte le principesse
sorprese di questo suo modo.
— Mi vendicherò, — disse la principessa Stella.
E lasciò adirata assieme alle sue compagne il pa¬
lazzo reale.
Il re e la regina aspettarono che passasse un anno,
poi tornarono a dire al principe Desiderato:
— Sei già vecchio, devi pensare a prender moglie.
— Non mi voglio sposare, — disse il principe.
— Perchè? — chiesero il re e la regina.
— Sono difficile d’accontentare, — soggiunse il principe.
Ma il re anche questa volta decise di far venire altre
dodici fra le più belle principesse perché fra tante il prin¬
cipe potesse sceglierne una.
Egli le fece radunare nella più bella sala del suo pa¬
lazzo; erano tutte belle, ma specialmente la principessa
Luna superava tutte, e si teneva certa d’essere la pre¬
ferita.
Il principe Desiderato entrò nella sala come la prima
volta, diede intorno un’occhiaia e si fermò innanzi alla
190
NEL REGNO DELLE FATE
principessa Luna, la fece voltare, le osservò le spalle, poi
disse: “ non la voglio perchè non ha le ali,e se n’andò
via lasciando il re, la regina c tutte le principesse sor¬
prese e adirate, specialmente la principessa Luna, che
decise di vendicarsi.
Passò ancora un anno, c poi il re chiamò il principe
Desideralo c gli disse che assolutamente doveva decidersi
a prender moglie, che cosi non poteva tirare innanzi, oc¬
correndo che la sua stirpe continuasse; altrimenti il trono
andrebbe in mano ai suoi nemici.
— lui io non mi voglio ammogliare, — disse il principe.
— Ma per qual ragione?
— Son troppo difficile d’accontentare.
Il re si strappava i capelli dal dispetto, ma decise di
fare un altro tentativo.
Fece venire dai paesi più lontani dodici delle più belle
principesse, le quali erano tanto belle che di meglio non
si poteva trovarne : fra esse poi c’era la principessa Sole,
che si teneva certa d’essere scelta, perchè era tanto bella
che la sua bellezza abbagliava la vista.
Quando le principesse furono tutte radunate nei giardini
reali apparivano tanto belle che vedendo il principe scendere
PRINCIPESSA SObE
IL FIGLIO DEL RE
199 '
la gradinata che conduceva ai giardini, re e la regina
dissero :
— Ora egli non potrà fare a meno di decidersi.
Che stupendo spettacolo quelle leggiadre fanciulle schie¬
rate in mezzo ai fiori! Per un momento il principe rimase
meravigliato, poi diede loro
un’occhiata, s’avvicinò alla prin¬
cipessa Sole, le guardò le spalle
e disse :
— Non ha le ali, non la
voglio.
Il re, la regina e tutte le
principesse rimasero immobili
come statue a quelle parole, e la
principessa Sole ne fu tanto in¬
dignata che decise di vendicarsi.
Se il principe Desiderato non fosse stato l’unico figliuolo
e l’unico erede al trono, il re lo avrebbe condannato a morte,
tanto era adirato contro di lui ; ma la regina disse che ci do¬
veva esser sotto qualche mistero, e decise di scoprirlo.
Cominciò a tener il principe in osservazione, senza che
egli se n’accorgesse; lo seguiva da lontano quando egli an-
200
NIX REGNO DELLE FATE
l’er venire nel mio regno bisogna viaggiare tre anni, tre mesi e tre giorni,
(pag. 207).
quello che faceva. Osservò die la sera si ritirava per tempo
nella sua camera: cercò di vedere ciò che facesse, ma non
— -I—
- •
%*Ah
Il, FIGLIO DEL HE
203
c’era caso, perché davanti all’uscio scendevano delle pe¬
santi tende di velluto clic egli aveva cura di tenere sempre
abbassate. Non potendo vedere, la regina tese l’orecchio
e udì delle voci, dei canti, dei suoni, e il principe clic
parlava; eppure doveva esser solo.
— Voglio sapere con chi parla, — disse la regina.
E ordinò clic il giorno appresso si facesse di nascosto del
principe un buco nella parete in modo da veder dentro alla
camera, ma tanto piccino da non esser veduto, e decise di
andare col re e con tutta la corte a scoprire quel mistero.
Infatti la sera quando il principe si ritirava nella sua
camera, egli chiamava: ‘•Farfallina! Farfallina!,,
E una farfallina, rimasta tutto il giorno attaccata alle
frangie del baldacchino, volava sulla poltrona accanto a
quella del principe, egli avvicinava il lume alle ali della
farfalla, ed ecco la farfalla si cambiava in una bella fan¬
ciulla; e il più meraviglioso erano due belle ali variopinte
attaccate alle bellissime spalle.
Il principe, dopo essere stato alquanto tempo a guar¬
darla, le dava un liuto, ed essa suonava c cantava cosi
dolcemente, die la sua voce scendeva proprio al cuore.
11 principe slava in estasi ad osservarla, e quando aveva
204
NEI- REGNO DELLE FATE
finito di cantare le diceva : “ Ancora, Farfallina, an¬
cora! „
— Un pericolo ci minaccia, — disse Farfallina (})ag. 207).
all'allia. Allora essa ritornava farfalla ed il principe an¬
dava a letto.
Erano tre anni che il principe passava le notti in epici
modo e non voleva dire a nessuno il suo segreto, perchè al-
i
Ili FIGLIO DEL RE
207
loia l’incanto sarebbe stalo rotto e Farfallina avrebbe do¬
vuto ritornare al suo regno.
Il principe le domandava ogni sera se volesse sposarlo.
— Volentieri, — diceva Farfallina, — ma appena
è combinato il matrimonio, io fuggo da te, ritorno nel
mio regno e tu devi venire a prendermi.
— Ci verrò subito.
— Non ò tanto facile. Per venire nel mio regno bisogna
viaggiare tre anni, tre mesi e tre giorni senza fermarsi e
senza voltarsi indietro; se uno si ferma o si volta, è finita ;
fosse pure al termine del viaggio, deve ricominciare.
— Io non mi volterò c non mi fermerò, — disse il
principe, — ma ora non voglio che scappi, piuttosto
preferisco continuare cosi ; non posso stare senza vederti
tutti i giorni.
Una notte, nel mentre Farfallina cantava, udirono un
certo rumore dietro l’uscio.
Farfallina tacque e cominciò a tremare come una foglia.
Il principe andò a vedere e ritornò dicendo:
— Non temere, non c'è nessuno.
— Un pericolo ci minaccia, — disse Farfallina; — per
me non ho paura, volo nel mio regno, ma tremo per te.
208
NEL REGNO BERLE FATE
Infatti, poco dopo l’uscio si aperse con impelo ed
entrò il re, la regina e tutta la corte.
Fu come il lampo, l'incanto era rotto, la bella fan-
La bella fanciulla ritornò farfalla e volò via.
nulla si cambiò di nuovo in farfalla c volò via, e al prin¬
cipe parve che in quell’istante gli si strappassero le viscere.
— Ora capisco perchè non volevi sposarti, — gli
disse il re; — ma ricordalo bene, o fra un anno scegli
la tua sposa o non li voglio più riconoscere per tiglio.
IL FirÌLIO DEL RE
209
Il principe non disse nulla e il giorno dopo parli in
cerca del paese delle farfalle.
Cammina, cammina cammina: sempre si dirigeva verso
il posto dove sentiva l’a¬
ria profumata e vedeva
le farfallone svolazzar
tra i fiori.
Erano già passati
tre anni, mancavano sol¬
tanto i tre mesi e i tre
giorni, ed egli era tulio
felice di toccar presto la
meta. Quando giunse
nel Regno delle Api era.
tanto affamalo clic non
Cammina, cammina, cammina.
poteva reggersi in piedi.
In quel regno tutte le case erano di miele, i campanili di
zucchero, i mobili di cioccolalte, e degli archi trionfali eran
formali di ciambelle. Poi tulli gli abilanli gli correvano in¬
contro con dei pialli di cera pieni di zuccherini, che facevano
venire l'acquolina in bocca. Figuratevi poi il principe che
era affamalo tanto da non tenersi in piedi!
Xel regno delle l'ate.
XEL KEGXO DELLE VATE
Egli non sep-
resistere : si
fermò, stanco co¬
m’era, per man
giare una ciam¬
bella. Però ebbe
a pentirsene. Ap¬
pena lu sazio si
punto di parten¬
za ; il viaggio era
tutto da rifare
Cammina, cammina, cammina
IL figlio del re
211
l Cammina, cammina, cammina; questa volta era proprio
deciso di andar sempre avanti e non fermarsi a nessun
costo. Infatti, erano tre anni e tre mesi che camminava;
non ne poteva più, e si vedeva vicino alla meta, quando
vide una folla di gente che correva per assistere ad una
caccia clic dava il re.
Egli era appassionatissimo della caccia, non seppe re¬
sistere, andò a caccia anche lui ed ehho molli onori per¬
ché riuscì ad uccidere un cervo superbo. Ma il viaggio,
dopo l’accaduto, era tutto da ricominciare.
Non si sgomentò e tornò ancora a mettersi in cammino.
212
NEL REGNO DELLE FATE
ripromettendosi di non cadere [ter la terza volta e di toc¬
care aitine la meta clic tanto sospirava.
"S Cammina, cammina cammina; era ([nasi al termine
del suo viaggio, quando un giorno attraversando un bosco
Portò con sè molti viveri.
udì dei lamenti, dei gridi; non seppe resistere e si voltò.
Il viaggio era ancora da ricominciare.
Questa volta prese le sue precauzioni ; si turò le orec¬
chie con del cotone, portò con sé molti viveri e tiro in¬
nanzi per la sua via senza fermarsi e senza voltarsi in¬
dietro.
Cammina, cammina, cammina; giunse lilialmente ai
confini del Regno delle Farfalle.
IL PIGLIO DEL RE
213
Bisogna s<
cato sopra un monte
tanto fiorito, clic sem¬
brava un immenso maz¬
zo di fiori, intorno al
riopinte colle ali d’oro e d’argento, che al vederle
cammina, cammina,
214
NEL 11EGN0 DELLE FATE
del sole abbagliavano la vista, l’ero intorno al monte c era
un precipizio, e c-bi voleva entrare nel Regno delle bar-
falle doveva scavalcarlo con un salto.
Il principe Desiderato, quando si trovò davanti a quel
precipizio, esitò un momento atterrito; ma poi pensò alla
bella farfallina clic avrebbe presto riveduto e spiccò il salto.
Ma il Regno delle Farfalle era troppo lontano e cadde
nel precipizio.
Fortunatamente, in fondo a quel precipizio c’era una
quantità di borraccina clic ammorzò il colpo, ed egli non
si lece alcun male.
Però non sapeva come raggiungere la cima del monte,
e piangeva piangeva in guisa da far pietà ai sassi.
Un pipistrello clic si trovava laggiù si mosse a com¬
passione e gli disse:
— Attaccati alle mie ali.
Il principe cosi fece. Il pipistrello stese Pali alle «piali
era attaccato il principe e lo portò in tal modo alla cima
del monte da dove era partito, perchè le ali del pipistrello
non potevano avvicinarsi al Regno delle Farfalle.
— Fd ora che cosa devo fare? — chiese il principe al
pipistrello, — aiutami ad entrare nel Regno delle bai-falle.
11 principe Desiderato
nel restio «Ielle [Farfalle
Il principe vide infatti una lunga biscia che veniva verso
Aiutami
principe
216
NEL REGNO DELLE FATE
La Liscia si slanciò colla testa attraverso il precipizio
fermandosi nel Regno delle Farfalle e formando un ponte.
Il principe vi camminò sopra come su una strada, e
giunse finalmente nel regno tanto desiderato.
Al primo momento si vide venir incontro una schiera
di farfalle che gli svolazzavano intorno per fargli festa,
poi s’avviarono in lunga fila in mezzo alle piante fiorite
come per insegnargli la strada. Egli passò in mezzo- ad
archi formati dai fiori più belli, che mandavano intorno
un dolce profumo, c giunse presso ad una specie di tempio
tutto formalo di ghirlande di fiori.
Era la casa della principessa Farfallina.
Appena fu arrivato egli si mise a chiamare Farfallina.
— Farfallina, il tuo principe t’aspetta.
E venne fuori una bella farfalla, la più bella di tutte,
e si posò sul naso del principe.
— Sono venuto a sposarli, — disse il principe.
L’incanto era rollo, e la farfalla si trasformò in una
bella fanciulla, ma dietro alle spalle aveva sempre due
piccole ali (l’oro.
— Andiamo dai miei genitori, — disse il principe
Desiderato.
l/inoanto era rotto, o la farfalla si trasformò in una bella fanciulla
ir, FIGLIO DEL RE
219
— Prima bisogna che tu faccia la pace colle princi¬
pesse che hai rifiutato e che hanno giurato vendetta.
— E come devo lare? — chiese il principe Desiderato.
Le farfalle circondarono il cesto
e colle loro ali lo sollevarono. — 1'ÌSpOSe l* af¬
follimi.
— Anche in capo al mondo, se vuoi, — soggiunse
il principe.
Allora Farfallina ordinò che tutte le farfalle si pre¬
parassero alla partenza.
La casa di fiori fu trasformata in un cesto fiorito, dove
Farfallina entrò insieme al suo principe: poi tutte le far-
220
NEI, 1ÌEGN0 1)ELI,E FATE
fallo circondarono il cesio o collo loro ali lo sollevarono
o lo trasportarono al-
Iravorso In spazio.
In tulli i paesi
dove passavano, gli
abitanti restavano a
bocca aperta nel ve¬
dere trasportalo per
aria queirarnese di
nuovo genere : quan¬
do era lontano lo cre¬
devano un uccello mai
visto, quando poi lo po¬
tevano distinguere me¬
glio, restavano meravi¬
gliali di tanta bellezza.
Il principe e Far¬
fallina erano sdraiati
\ In^tutti i paesi che passavano, gli abitanti
restavano a bocca aperta.
in mezzo ai I ioli come
su un trono, e tutte
le migliaia ili farfalle die c’erano intorno formavano coi
colori e collo splendore delle ali come una lascia luminosa
che era una meraviglia. Qualche volta un liore cadeva
sulla via c le fanciulle più belle se lo disputavano ; qual¬
che altra era una farfalletta che si sentiva stanca e si
fermava per raggiungere piti tardi le compagne.
Quando arrivarono dove dimorava la principessa Sole.
Farfallina e Desiderato scesero, e porgendo alla principessa
una rosa il principe le disse:
— Il principe Desiderato te la dona e ti chiede perdono
d’averli rifiutata. Domani passerà di qui il re di Portogallo,
tu porgigli la rosa, ed egli ti sposerà; io non ho potuto
perchè ero impegnato con Farfallina.
E la principessa Sole, in segno di pace, lasciò cadere nel
cesto dei fiori uno dei suoi raggi, ed essi proseguirono il loro
giro illuminati da quel raggio, più belli di prima.
Si fermarono nel regno della principessa Luna ; De¬
sideralo diede alla principessa una camelia bianca e le
disse :
— Se t’ho rifiutala, perdonami, ero impegnato con
Farfallina; prendi questo liore in segno di pace. Do¬
mani passerà il re del Marocco, tu porgilo a lui ed egli
ti sposerà.
La principessa Luna, in segno di pace, illuminò con uno
Quando giunse presso alla principessa Stella si fermò.
Discese dal cesio fiorito e le porse un gelsomino di¬
cendole :
IL FIGLIO DEL RE
22&
— Perdonami, principessa Stella, se li lio rifiutato, ma
ero impegnato con Farfallina; cd ora prendi questo fiore
in segno di pace. Domani passerà di qui il re di Spagna,
tu porgilo a lui, ed egli ti sposerà.
La principessa lo ringraziò, e in segno di pace gli fece
brillare una stella in mezzo alla fronte, tanto clic il prin¬
cipe divenne cosi bello clic non si riconosceva più, e pro¬
segui il suo cammino assieme alla sua principessa per
andare a trovare i suoi genitori.
Li trovò che lo piangevano morto e non potevano darsi
pace della sua mancanza. Quando lo videro scendere dal
cielo in mezzo ai fiori, non potevano nemmeno credere
ai propri occhi, lant’cra la loro consolazione !
Gli apersero le braccia e accettarono per figlia la princi¬
pessa Farfallina, la quale si mostrò verso di loro oltremodo
buona e compiacente, e quando si trattava di render loro
un servigio volava colle sue ali d’oro per far più presto;
ed essi erano felici, e dicevano al loro figlio clic aveva,
avuto tutte le ragioni a volere una sposa colle ali.
224
NEL REGNO DELLE FATE
*
* *
Si fecero le nozze con molte feste, olle quali interven¬
nero le principesse Sole, Luna e Stella, clic erano già di¬
ventale regine. In quell''occasione vi furono mazzi di liori
grandi come montagne, illuminazioni con raggi di sole, di
luna e di stelle, halli, cene e pranzi; tutti si diedero alla
[•azza gioia, e noi invece abbiamo dovuto restarcene Iran-
Nel regno delle Fate.
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G 1 A N F 0 R T E.
Viveva in un paese lontano
lontano un falegname il quale
diceva sempre:
— Io sono povero, ma se
avrò figliuoli voglio che siano fortunati.
Quando sua moglie ebbe il primo figlio volle che la
madrina fosse una fata, clic vedeva tutti i giorni passare
da casa sua.
“ Cosi gli farà un bel regalo .. pensò il poveruomo.
La fata accettò, e quando fu il momento di mettergli
un nome, disse:
— Gli faccio dono della bellezza, perciò lo chiame¬
rete Hello.
NEL REGNO DELLE FATE
228
Il bambino divenne infatti bello come il sole, ma i suoi
genitori non erano contenti, e (licevano sempre : " La bel¬
lezza è cosa da guardare, ma non da mangiare, la fata è
stata poco generosa; se ci avesse dato un sacco di quat¬
trini sarebbe stato meglio.
Però si confortavano perchè presto avrebbero avuto un
secondo figlio.
Presero per madrina un’altra fata, non volendo fargli
torto.
Quando fu il momento di dargli un nome, la fata
disse :
— Gli regalo la sapienza, perciò si chiamerà Savino.
Infatti, il fanciullo dopo pochi mesi cominciò a parlare e
a ragionare ch’era una meraviglia, ma i suoi genitori non
erano punto contenti c dicevano: “• Un sapiente è hello sen¬
tirlo a parlare, ma c’e poco da guadagnare.,, e quasi si pen¬
tirono d’aver voluto le fate [ter madrine dei loro figliuoli.
Però, quando nacque loro un terzo figlio, acciò non fosse
diverso dagli altri, pregarono ancora una fata che gli facesse
da madrina c su questa fondavano molte speranze perchè
in paese aveva fama di essere molto generosa.
Quando fu il momento di mettergli il nome, la fata disse:
GIANFORTE
281
— Regalo al mio (iglioccio la forza, perciò lo chia¬
merete Gian forte.
E il fanciullo in pochi giorni crebbe forte e robusto come
un toro, ma i suoi genitori non erano contenti e dicevano:
“ Con tutte le nostre fate i nostri figliuoli non saranno
più ricchi di quelli dei nostri vicini
Ma ormai non c’era più rimedio, bisognava tenerli
come le loro madrine avevano destinato.
Intanto crescevano tutti c tre, e se Bello era ammi¬
rato da lutti, se tutti stavano ad ascoltare Savino a bocca
aperta, come se le sue parole fossero d’oro, Gianforte non
aveva paura di nessuno e faceva tremar tutti.
E nessuno nel paese avrebbe avuto coraggio di spar¬
lare del falegname e della sua famiglia, che Gianforte li
avrebbe potuti prendere colle sue mani come tra tenaglie
c tirar loro il collo come a pollastri.
Bello era innamorato della sua bellezza, e quando girava
per la campagna stava sempre a contemplarsi nei ruscelli
e negli stagni e non faceva altro che coglier fiori.
Savino slava sempre col libro in mano e diceva che
studiava il modo di fare un giorno ricca la sua famiglia,
leggeva leggeva e non concludeva mai nulla.
NEL REGNO DELLE FATE
232
Invece Gian forte lavorava per dieci, colla forza delle
sue braccia schiantava gli alberi e preparava le tavole che
servivano per i lavori di suo padre, c se si metteva lui a
lavorare, faceva dei mobili tanto solidi, che avrebbero
potuto resistere lino alla line del mondo.
Intanto si parlava clic in paese c’erano i briganti c tulli
tremavano dalla paura : le donne, poi, si chiudevano in casa
con tanto di chiavistelli c non avevano coraggio di uscirne.
Gian forte, quando udiva parlare di briganti, alzava lo
spalle e si metteva a ridere.
Aveva ancora da nascere chi doveva far paura a lui ;
era curioso di vedere come fossero fatti «pici briganti che
facevano tremare tulli, anzi sarebbe stalo contento di tre¬
mare anche lui un pochino, ma era certo di non riuscirvi.
Quei briganti avevano portala la desolazione in paese;
nessuno osava più mettere il naso fuori di casa, ed era
una cosa che rattristava l’animo.
— Voglio proprio andar nel bosco ad incontrarli questi
briganti, — disse un giorno Gianforte.
— Sei pazzo. — disse la madre, che lo amava più
degli altri suoi ligli, — sarebbe come andarti a mettere
in bocca al lupo.
GIANFORTE
233
— Ilo deciso, domani vado nel bosco c, se vogliono,
vi conduco anche i miei fratelli, — rispose Gianl’orte.
Bello faceva segno di no col capo. Egli, da quando c’e¬
rano nelle vicinanze i briganti, stava sempre a letto e ad ogni
piccolo rumore cacciava la testa sotto alle coltri dalla paura,
non sarebbe uscito di casa nemmeno se suo fratello lo avesse
trascinato con una corda come un cagnolino.
In quanto a Savino, egli non stava a letto perché diceva
che il saggio non deve temere la morte, ma poi soggiungeva :
“Chi va incontro al pericolo in quello perirà. Chi vuol salva
so
Nel regno delle Fate.
234
NEL REHKO DELLE FATE
l’esistenza deve avere gran prudenza,,, e cosi di seguito,
predicava predicava, ma non si muoveva.
Gian forte andò solo nel bosco.
Cammina, cammina, i briganti non si vedevano.
— Li avranno sognati ! — pensò Gianforle e prosegui
la sua strada.
A un certo punto, passando vicino ad una grotta, udì
un rumore di voci e stette ad ascoltare. Erano i briganti
che concertavano di andare nella notte a saccheggiare
lutto il villaggio.
— Sono paurosi come tanti pulcini, — dicevano. —
Sarà facile impadronirci dei loro averi in questa notte.
Tutto il buono che c’è in paese sarà nostro.
Il primo pensiero di Gianforle fu di entrare nella grotta
e ucciderli tutti, ma poi pensò che era solo e forse la sua
forza non avrebbe potuto lottare col numero dei suoi nemici,
e ricordandosi i consigli di prudenza di suo fratello Savino,
pensò di aspettarli all’uscita di quella grotta. L’imboccatura
ne era tanto stretta che avrebbero dovuto passare ad uno
ad uno, e così la vittoria gli sarebbe stata più facile.
Infatti, ad una cert’ora, vide venire un brigante con
un ceffo che metteva spavento, armato lino ai denti.
GIANFORTR
235
Quando s'accorse d’un uomo che lo aspettava, il bri¬
gante staccò dalla cintura un pugnale, ma Gianforte non
gli lasciò il tempo di servirsene; in un batter d’occhio
gli fu addosso, gli tolse il pugnale di mano, glielo cacciò
nel petto e lo stese a terra morto.
Il brigante diede un grido clic fece uscire tutti i suoi com¬
pagni dalla grotta, ma Gianforte non si sgomentò. Ad uno
diede un calcio, che lo fece volare tanto in alto, che le sue
vesti s’impigliarono in un ramo d’uno degli alberi piti alti
della foresta e rimase là penzoloni come uno straccio; ad un
altro diede uno spintone, che lo mandò a ruzzolare lontano
sopra i sassi : ad un quarto diede un pugno cosi forte sulla
testa, clic il suolo cedette sotto ai piedi del brigante, c fu in¬
goiato da una buca ; al quinto tagliò la testa con un sol
colpo; al sesto spaccò il ventre. A tal vista gli altri bri¬
ganti ebbero tanto spavento, clic non ardirono più uscire
dalla grotta perchè credevano che nel bosco ci fosse un
reggimento di soldati.
Allora Gianforte colle sue braccia staccò un gran masso
da una montagna vicina col quale chiuse l’apertura della
grotta e disse:
— Eccovi sepolti vivi, oramai il paese è salvo.
236
NEL REOKO DELLE FATE
E formata una specie di slitta co’ rami e le foglie secche
degli alberi vi depose i cadaveri dei briganti uccisi, li tra¬
scinò al villaggio, dove trovò sua madre che piangeva per
tema che fosse stato trucidato dai briganti. Savino andava
intanto dicendo :
Il pianto a nulla giova.
•y
Chi non è morto si ritrova.
Ma nessuno aveva coraggio d’andare in cerca di Gian-
l'orte. Quando poi lo videro venire coi cadaveri dei briganti,
allora, cominciando dal sindaco, tutti gli corsero incontro e
lo portarono in trionfo, perché aveva liberato il paese da
quel pericolo.
Ma dopo qualche tempo, visto che i briganti non ave¬
vano più il coraggio di venire da quelle parti, Gianforte
s’annoiava di restarsene inoperoso, e disse che voleva an¬
dare a girare il mondo per cercar fortuna e vedere se ci
fosse qualcuno più forte di lui che lo facesse tremare.
I suoi genitori non volevano, c noi volevano nemmeno
i suoi fratelli, perchè lino a che c’era lui in casa si sen¬
tivano sicuri e non avevano paura di nulla. Ma egli aveva
deciso e disse ai fratelli :
(MANFORTE
239
— Che cosa volete che vi porli?
— Portami una bella sposa, — rispose Bello.
— Portami una sposa saggia, — disse Savino. /
— Sarete serviti, — rispose Gianforte, e parti.
Egli prese le strade più deserte, quelle in mezzo ai
boschi, nella speranza di incontrare qualche pericolo. Trovò
soltanto un vecchio che conduceva un asino carico di
sacelli di grano, ma che non voleva andare avanti, e il
povero vecchio non sapeva come fare.
— Ti aiuterò io, — disse Gianforte.
Si pose sulle spalle l’asino coi sacelli, e portò ogni
cosa alla dimora del vecchio.
Il vecchio per mostrargli la sua gratitudine, voleva
dargli alloggio in casa sua, ma Gianforte non volle ac¬
cettare e prosegui la sua via.
Trovò per istrada alcuni carrettieri, clic gli doman¬
darono :
— Dove vai?
— Vado a girare il mondo e vedere se c’è qualche
cosa che mi faccia tremare.
— Va al ponte dei fantasmi e tremerai.
— Dov’è il ponte dei fantasmi?
240
NEL REGNO DELLE FATE
— Volta a destra e va sempre dritto lìriche troverai un
ponte; quando sei là aspetta che venga la notte, e poi li
so dire che se non hai tremalo tremerai davvero.
Gian forte si mise a ridere c andò verso il ponte.
Al tramonto del sole non c’era intorno anima viva; tutti
si tappavano nelle case perchè avevano paura dei fantasmi, i
Gianforte si nascose dietro una siepe e stette ad aspettare.
Ad un certo punto vide venire da alcuni cespugli tre fan¬
tasmi lunghi lunghi, bianchi bianchi, che trascinavano dei
bastoni che facevano un rumore simile a quello di carri in
mezzo ai sassi. Certi che non c’era in giro nessuno, s’avvici¬
narono agli alberi e staccarono le frutta più belle, tolsero i
più bei grappoli dalle viti, e portarono la distruzione nei
campi seminati c nelle ortaglie; pareva che in quei campi
fosse passata la tempesta. Dopo aver ben riempito un carro
clic trascinavano seco, fecero per andare dalla parte d’onde
erano venuti; ma Gianforte in un salto fu sopra di loro, li
prese per il collo l’un dopo l’altro e li legò agli alberi dopo
aver strappato dalla loro persona le lenzuola che servivano
a trasformarli in spettri. Grano ladri che approfittavano della
paura di quei contadini per rubare a man salva. Pregarono
Gianforte che li lasciasse liberi ; ma egli andò in città a
MANFORTE
241
prendere le guardie e li fece mettere in prigione. Gli aiutanti
di quel paese volevano portarlo in trionfo, ma egli scappò
via in cerca di altre avventure.
Cammina, cammina, cammina, arrivò in un regno che
una volta era quello della gioia e tult’a un tratto s’ora
trasformato nel regno del pianto. Tulli gli abitanti che
incontrava erano vestiti di nero e piangevano, le città
erano tutte in lutto e le campane mandavano un suono
lugubre come di lamento.
Gian forte domandò alla prima persona alla (pialo si
avvicinò, perché piangevano tutti.
— Perché un destino crudele perseguila il nostro regno.
— Ditemi quale questo destino, che forse vi aiuterò.
— E impossibile, andreste alla morte come gli altri,
che hanno tentato di liberarci.
— Ditemi questo destino.
— Bisogna sapere che il nostro re una volta, andando
a caccia, uccise per isbaglio la figliuola della l’ala boscosa,
che girava per il bosco cambiala in cervo, e la l'ala, per
vendicarsi, colpisce tutte le fanciulle del nostro regno quando
giungono all’età di diciotto anni./Non c’é mezzo di sal¬
varle, (piando arrivano a quest'età, anche se sono chiuse
Xel regno delle Fate. SI
242
NEI, ltEGNO DEI.I.E FATE
in una stanza, viene la fata per la loppa della serratura,
per la cappa del camino, per la finestra, trasformala in
uccello, in sorcio o in mosca e le porta via. Ila incomin¬
cialo dalle tre figlie del re, clic erano belle come il sole.
Il re lia promesso la sua corona e la mano della più bella
principessa a colui che riuscisse a salvarle e a rompere
l’incanto; ma quelli che sono andati non sono più tor¬
nati indietro e ormai abbiamo perduto ogni speranza. Per¬
ciò, questo che era il regno della gioia, è divenuto il re¬
gno del pianto.
— Mi proverò io, — disse Gianforte.
— È inutile, vi lascereste la vita.
—• Vedremo: intanto conducetemi dal re.
Quando fu alla presenza del re e della regina, che
piangevano sempre le loro figliuole, Gianforte disse che
voleva andare a liberarle.
Il re lo guardò e rispose:
— Povero giovane, tu vuoi andare alla morte.
— Voglio tentare, — disse Gianforte, — voglio al¬
meno vedere se son capace ili tremare, perché non ho
mai avuto paura e non ho tremalo mai in vita mia.
— Quand’ò cosi, provati, — disse il re: — ma sai
filANFOHTK
243
tu quello die ci vuole, secondo l’oracolo, per salvar
la principessa e rompere rincarilo della fata boscosa?
— Clic cosa ci vuole? — chiese Gianl’orle.
— Ecco le parole dell’oracolo. Per vincere la fata bo¬
scosa ci vuole:
Spada di regnante,
Luce di diamante,
Testa di gigante,
Fuoco delle piante,
E cuor giammai tremante.
— Datemi la vostra spada, — disse Gianfortc.
Poi si rivolse alla regina e vedendo che sul petto le
scintillava una stella di diamanti, disse:
— Datemi la vostra spilla.
Il re e la regina ubbidirono.
— E la testa di gigante ? — chiese il re.
— Andrò a prendermela.
— E il fuoco delle piante?
— Anche per quello ci penserò io.
— E il cuor giammai tremante?
— Quello l’ho già e non Im bisogno d andarlo a
O o
cercare.
244
NEL BEANO DELLE FATE
— Ebbene, che il cielo t’accompagni, e se liberi il
mio regno da simile sventura, ti do la mia corona e la
mia figlia piò bella per sposa.
Gian forte prese la spada del re, la spilla di diamanti
della regina e se ne andò ripetendo fra sè la predizione
dell’oracolo per non dimenticarla, e diceva mentre cam¬
minava :
Spada di regnante,
Luce di diamante.
Testa di gigante,
Fuoco delle piante.
E cuor giammai tremante.
Sapeva che la prima figliuola del re era stata rapila
da un verme, dunque doveva essere sotto alla terra. Perciò
quando si trovò davanti ad una grotta vi entrò, ma ad
un certo punto trovò un gran masso clic gli impediva la
strada, e non poteva più andare avanti.
Egli non si sgomentò, diede un pugno formidabile a
quel masso che si spaccò in cento pezzi; così potè pas¬
sare e andare avanti.
Ad un certo punto egli incontrò una quantità di bisce
che gli si attorcigliavano intorno alle braccia, alle gambe,
al corpo, ed una più grossa di tutte gli si avvolse in-
(MANFORTE
24 5
torno al collo c lo avrebbe strozzato se non l’osso stato
pronto colla spada del re a tagliarle la testa. Cosi lece
con tutte le altre, e quando le vide morte e stese a terra
Giunforte caccia in gola al drago la spada del re (pag. 247).
le annodò tutte insieme, formò una lunga corda, ne at¬
taccò un capo ad un sasso e disse :
Cordicella stretta e spessa,
Va a trovar la principessa.
K la cordicella s’allungava s’allungava, ed egli sempre
dietro lincile giunse in una specie di antro buio buio, dove
non penetrava raggio di sole.
24(5
NEL REGNO BELLE FATE
Egli si fermò non sapendo da che parte voltarsi, perche
le bisc-ie che gli servivano di guida non le vedeva più.
In quella udì uscir dalla grotta una voce che si lamentava
e diceva :
Mamma mia, cosa fai,
Che mi lasci in mezzo ai guai?
Babbo mio, cosa fai,
Che di me pietà non hai?
Doveva essere la principessa.
— Vengo a salvarti, — disse Gianforte.
— Va via, — disse la principessa, — altrimenti il
drago ti mangerà come ha mangiato gli altri.
Ma Gianforte si lece innanzi pieno di coraggio e vide
davanti a sé un drago che vomitava fuoco.
— Che cosa vuoi ? — disse il drago.
— La principessa.
La principessa non va via.
Finché è sotto alla guardia mia.
Quelli che cercano la principessa,
Avranno tutti la sorte stessa.
E aperse la bocca e fece per mangiarlo.
Se Gianforte avesse tremato era Imita, ma egli non
- è?
GTANFORTK
247
tremava per cosi poco e in un lampo cacciò in gola al
drago la spada del re.
L’incanto era rotto c il drago cadde ai suoi piedi di¬
cendo: “ Me l’hai fatta!
Hai la spada d’un regnante,
E non hai il cor tremante.
Ti darò la principessa, ma almeno lasciami vivere...
Ma Gianforte, che temeva d’essere ingannato, diede
un colpo cosi forte al drago, da farlo cadere a terra
morto. Poi prese fra le braccia la bella principessa, e la
portò fuori della grotta. Ebbe un bel da fare, perché tro¬
vava sempre ostacoli sul suo cammino: ora un gruppo
di bisce, ora serpenti, ora pipistrelli.
Ma quando vedevano la spada del re cadevano tutti
affranti ed egli poteva andare innanzi.
Quando usci dalla grotta condusse la principessa in
casa di una contadina e le disse:
— Aspettami qui (indiò torni dal salvare le tue so¬
relle, dopo vi condurrò tutte insieme dai vostri genitori;
ma guai se dici clic sei la liglia del re! Dovresti stare
ancora sette anni senza vedere i tuoi genitori.
248
NEI, REGNO DEI.LE FATE
La principessa promise di tacere ed egli continuò la
sua strada per andare in cerca della seconda principessa.
Gianl’orte sapea clic l’aveva rapita un pesce, dunque
doveva essere in fondo al mare.
Egli era famoso nuotatore c poteva resistere delle gior¬
nale intere nuotando in mezzo alle onde. Quando fu giunto
in riva al mare, trovò clic c’era una forte burrasca e le
onde salivano in alto come montagne, ma egli non ebbe
paura e vi si slanciò dentro.
Nuota, nuota, nuota, il mare era grande, era agitato
e non poteva trovare la principessa; aveva già nuotato
tutta la notte, e i pescicani si attaccavano coi denti alle
sue gambe [ter divorarlo, ma egli con un calcio li ricac¬
ciava in fondo al mare.
E nuota, nuota, nuota. Ad un certo punto udì una
voce die veniva dal profondo del mare e diceva :
Stamina mia. cosa fai.
Che mi lasci in mezzo ai sviai ?
Dahbo mio, cosa fai.
Che «ti me pietà non hai?
I pesci non parlavano certo, dunque doveva essere la
principi ,'SSii.
(.lAXi'Oin;:
•J4!t
(lianforle si cacciò soli’acqua e cominciò a nuotare
verso il posto d’onde usciva la voce.
Oliando fu ad un cer¬
to punto vide un animale
strano clic aveva la fac¬
cia di donna e il corpo di
pesce, era una specie di Si¬
rena, clic gli disse :
— Olii cerchi ?
— Orco la principessa.
U principessa non va via,
Finché è .sotto alla guardia mia.
K (iianforle li 1 fece vedere la stella di diamanti che
teneva nascosta in mezzo alla barba.
Nel regno delle Fate.
NEL REGNO DELLE l-'ATE
2:>()
A quella vista gli occhi della guardiana rimasero ab¬
bagliati al punto clic, immersa nella contemplazione dei
diamanti, ella perdette ogni sentimento, e (iianlorle senza
perder tempo, nuotò in cerca della principessa, che stava
rinchiusa in una casa di spugne; la prese in collo evia
nuoto con lei prima che la guardiana si riavesse dal suo
stupore. Anzi ad un certo punto, (piando s’accorse eli essa
rinscguiva, le gettò la stella di diamanti e via ancora piti
in fretta colla sua principessa, finche giunsero sani e
salvi a terra.
La condusse nella casa della contadina dove avea già
condotta I altra principessa e le disse: — Ora sta qui linciti'
ritorno coll'altra tua sorella, e dopo vi condurrò tulle e tre
insieme dai vostri genitori; ma guai se dici che sei la
liglia del re! Staresti ancora sette anni senza vedere la
tua famiglia.
La principessa promise di tacere e Gian forte partì in
cerca della terza liglia del re.
Sapeva che l’aveva rapila un’aquila; dunque doveva
essere in alto e cominciò ad arrampicarsi sulle più alte
montagne. Ma (piando era giunto alla cima d una mon¬
tagna ne vedeva un’altra ancora più alta, e poi gli dava
ni ani-orti:
251
pensiero il dover prima andare in cerca della testa d’un
gigante e del fuoco delle piante, come era stata la pre¬
dizione dell’oracolo.
A l’uria di arrampicarsi su tutte le montagne ne vide
una pili alta, tutta circondata di vulcani, che gli dissero
essere l’abitazione di un gigante, che spargeva la desola¬
zione nei paesi vicini.
Oliando alcuno si smarriva in quelle montagne egli
stendeva le sue immense braccia lunghe lunghe parecchie
leghe e lo ghermiva, oppure apriva la sua bocca grande
grande coinè una caverna e se lo mangiava in un boccone.
La principessa doveva essere in quelle vicinanze, forse
sotto la guardia del gigante, e Gianforte andò avanti senza
tremare.
Quando fu ad un certo punto vide uscire da una
grotta un braccio lungo e una inano che s’avvicinava per
ghermirlo.
Egli tirò fuori la spada del re e con un colpo tagliò
quella mano.
Il moncone del gigante grondava sangue e mano mano
che si spargeva sulla terra ne uscivano dei nani che saltavano
dalla moia e ringraziavano Gianforte di averli liberati.
v r
NEL REGNO DELLE VATE
Ma il gigante era più feroce ili prima e spalancava la
gran bocca per far di ( Manforte un sol boccone.
Egli sen- j-----—
li va già l’a¬
lito del gi¬
gante clic gli
soffiava in
T nani sulla testa ilei gigante (pag.
l'accia come una vampa di fuoco: ma non tremò nò si
sgomentò. Si guardò intorno per vedere se trovava un'arma
per difendersi perché la spada era già spezzata ; pensò
alla predizione dell’oracolo e in un batter d’occhio sradicò
(il ANI'ORTj:
25:}
uno dei più alti alberi clic aveva presso di sé. Lo sol¬
levò come se fosse stato una paglia, cacciò i suoi rami
Gianforte sradica uno dei pili alti allievi.
nel cratere d’un vulcano che aveva vicino; l’albero s’ac¬
cese come un zolfanello e divampò in una bella liammata.
Poi lo cacciò cosi infiammalo nella bocca aperta del gi-
254
NKt, lil’CNO PHI.I.E FATE
gante, il quale diodo un urlo olio loco tremare I ut la la mon¬
tagna o spirò.
ti iati forte gli tagliò la tosta.
Dal sangue elio grondava nacquero altri nani che co-
miijoiarono a saltare o cantaro e ad arrampicarsi sulla
lesta ilei gigante, come se l'osso una montagna.
Erano tanto carini quei nani grandi come sorretti col
berrettino rosso e gli stivaletti neri! e cantavano:
Tu sei grande e noi piccini,
Tu sci morto c noi siain vivi,
K una bolla o lieta festa
Che Cacciani sulla tua testa.
Quando si furono un po' calmati. Gian forte chiese loro
se avessero notizie di una principessa stala rapila da un’a¬
quila.
— E su quel pino, — dissero, —alto più di tutti, al
quale non si può salire che montando sulla testa del gi¬
gante: però per vederci meglio devi accendere tutti gli
altri allieti, perché è ormai venuta la notte.
1 nani aiutarono Gian forte a rotolare la testa del gi¬
gante lino ai piedi del pino piò alto, che s’innalzava pro¬
prio sulla cima della montagna, poi accesero un pino in un
(.'.lAMOIM'i:
2ò"x
vulcano c con quello accesolo lutti gli altri in modo die
formarono una splendida illuminazione. Gianlorte poi sali
sulla testa del gigante, e mano mano che saliva, udiva
una voce che diceva :
Mamma mia, cosa lai.
Clic mi lasci in mezzo ai guai?
ljablio mio, cosa lai.
Ohe ili me pietà non hai?
K nello stesso momento, illuminata dai pini ardenti,
gli apparve sulla cima del pino più allo, in mezzo a quei
rami di un verde cupo, una fanciulla cosi bella come non
ne aveva mai vedute, e per la prima volta in vita sua
comincio a tremare tanto da non poter più andare avanti;
ma i nani che saccorsero della sua agitazione continua¬
rono a gridare :
Chiudi irli occhi c non tremare.
Se la bella vuoi salvare.
Infatti, se avesse aspettato un minuto, l'aquila veniva
a portarla via.
Gian forti' chiuse gli ocelli e la principessa cadde nelle
sue braccia; e guidali dai nani entrarono in una grolla,
dove essi avevano preparata una cena squisita.
NKL KE<5N0 DEI.I.K FATE
23H
idronidella
montagna i
siamo felici ili invitarvi a
mentre facevano eli onori
diali forte era im
izienle di ricondurre la
principessa in casa dei
suoi genitori, tanto pili die
strada facendo doveva
passare a prendere le altre
sorelle.
Mentri
era avvenuto delle dui 1 al
Ire prmcipesst
GIANFORTE
257
in casa di quei contadini, essi volevano che andasse in¬
sieme a loro a coltivare la terra. Ma essa rifiutò. Poi le
La principessa in mezzo ai rami del pino (pag. 2551.
davano cibi semplici, troppo semplici per la sua condi¬
zione, ed essa ricusava di mangiare.
— Infine non sei poi una principessa! — dicevano
quei contadini.
aa
Ael regno delle Fate.
2 ó8
NEL REGNO DELLE FATE
Essa non potè più tacere e rispose:
— Principessa sono c ila principessa voglio essere
trattata.
Le anitre, clic stavano nel cortile dicevano nel loro
linguaggio:
Taci là, taci là, taci là.
Ma essa seguitava a dire:
— Principessa sono e da principessa voglio essere
trattata.
I'] le anitre a ripetere:
Taci là, taci là, taci là.
Ed essa:
— Principessa sono c da principessa voglio essere
trattata.
Allora quei contadini le diedero una bastonata, ed
essa divenne un’anitra e dovette andare nel cortile insieme
alle altre a dire:
Taci là, taci là, taci là.
Quando venne l’altra sorella fu la stessa cosa.
I contadini volevano che andasse a lavorare nei campi,
MANFORTE
259
cd essa non voleva; poi le volevano dar da mangiare
gli stessi cibi, ed essa ricusava di mangiare.
— Hai tante pretese; inline non sei mica la figlia
del re!
Allora non potò più tacere e disse:
— Sono la liglia del re. e da figlia di re voglio es¬
sere trattata.
I colombi clic tubavano nel cortile dicevano:
Taci tu, taci tu, taci tu.
Ma essa continuava a dire :
— Sono la figlia del re, c come tale voglio essere
trattata.
Allora quei contadini presero un bastone e le diedero
un colpo sulle spalle, ed essa subito si trasformò in co¬
lomba e andò in cortile a tubare come le altre.
Quando giunse Gian forte colla terza principessa e chiese
notizia delle due che aveva lasciato là qualche tempo prima,
quei contadini gli diedero un'anitra e una colomba. Al¬
lora egli capì che non avevano potuto conservare il segreto,
c disse alla terza principessa :
— Io devo andare dai miei Iratelli, intanto resta qui.
NEL UEGNO DELLE FA I E
2(50
verrò a prenderti fra un mese; ma bada bene di non
dire clic sei la figlia del re, ricordati che se mi tocca aspet¬
tare sette anni prima di sposarti, morirò dal dispiacere.
Infatti era tanto innamorato della principessa, che
(piando la guardava negli occhi tremava come una foglia,
lui che non aveva mai tremato in faccia ai più grandi
pericoli.
Poi prese l’anitra e la colomba e le portò a casa dei
suoi fratelli.
Trovò Bello, sempre pili innamoralo della sua bellezza,
che si contemplava in uno stagno. (Juando (|ucsli vide il
fratello gli corse incontro e gli disse:
— Benvenuto, Gianforte, m’hai portato la sposa?
— Si, eccola! — e gli diede l’anitra.
— Non la voglio, — disse Bello.
— E una principessa ed è bella come il sole, però
devi averne cura per sette anni; poi strappale un’ala e
vedrai che bella fanciulla ne uscirà; abbi pazienza e da
(pii a sette anni ti darò un regno.
GIANFORTE
Poi andò a cercare suo fratello Savino. Lo trovò sc-
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La bella principessa clic lavora i campi (p:»ir. 2f»2).
tinto davanti al tavolino, che leceva un
7 PP
tirone grosso
grosso.
262
NEL REGNO DELLE FATE
Egli alzò gli occhi e disse:
— Ben vernilo, Gian forte, indiai portato la sposa?
— Eccola! — disse pronto Ginnforte, e gli diede la
colomba.
Savino non la voleva, ma Gian forte lo assicurò che
era una principessa saggia come Minerva; ne avesse cura
perciò per sette anni, poi le strappasse la coda c ve-
drehhe.
Savino lo ringraziò e promise di averne cura.
Gian forte disse:
— Ora me ne vado, da qui a sette anni ritornerò e
li darò un regno. Eoi andò ad abbracciare i suoi genitori,
ai quali voleva pure promettere un regno, ma essi dissero
che si sarebbero contentali di una bella casa per poter
finire tranquillamente la loro vita.
Poi parti, perchè era impaziente di vedere se la sua
principessa avesse parlato.
La trovò che lavorava tranquillamente la terra, più
bella che mai, vestita da contadina e le disse :
— Principessa mia, vedo che sei bella e saggia e
ch’io sono fortunato di poter avere una sposa come te.
(MANFORTE
263
*■
* «
Intanto il re, clic era stato avvertito, con un messo,
clic le sue liglie erano salve e che il suo regno era libe¬
ralo per sempre da ogni llagello, fece preparare i più belli
equipaggi per andare incontro al suo liberatore.
Lo incontrò fuori delle porte della città e non gli parve
vero d’abbracciare la sua figliuola prediletta, clic ormai
doveva sposare il valoroso Gian forte. Seppe la sorte die
era toccata alle altre due figliuole c disse:
— Non hanno saputo tacere, dunque se la sono , me¬
ritala; aspetterò sette anni prima d’abbracciarle : so che
sono in buone mani.
#
* *
Intanto Hello c Savino stavano tutto il giorno ad ac¬
carezzare l’uno l’anitra e l’altro la colomba, e desidera¬
vano con impazienza clic venisse il momento di vederle
nel loro vero essere; e ogni anno che passava mormo¬
ravano con un sospiro: un anno di meno da aspettare,,.
Hello era il più impaziente, Savino invece [Medicava
NEL REGNO DELLE FATE
264
che ogni tempo arriva, e clic il tempo è galantuomo;
Gian forte, clic tremava soltanto davanti alla sua sposa ma
era coraggioso alla presenza dei nemici, conquistò due
regni a lui vicini. Uno fu destinato a Bello c l'altro a
Savino che, passati i sette anni, arrivarono colle loro
principesse. Quella di Bello era bella come il sole, quella
di Savino era saggia come Minerva ; ma quella di Gian-
forte era bella, saggia e buona. Perciò ad essi toccò il
regno più grande e più bello; quello che aveva apparte¬
nuto al padre delle principesse, il quale si ritirò colla
regina in un castello a finire in pace la vita; e in un
castello vicino si ritirarono i genitori di Gian forte, i quali
non potevano credere alla loro felicità di avere figliuoli
clic possedevano un regno ciascheduno.
* *
Da quel momento il Regno del dolore si cangiò in
un Regno di gioia; e se in quello di Bello c’era troppa
vanità, se in quello di Savino erano tulli troppo saggi, in
quello di Gian forte regnava V allegria, il benessere, la pace,
perché la fama del suo valore e del suo coraggio era
(MANFORTE
265
sparsa per tutto il mondo e nessuno avrebbe osato fargli
la guerra; cosi vissero tutti in pace per molti anni e colla
più perfetta allegria. Ed ora, miei figliuoli,
Larga la foglia e stretta la via,
Dite la vostra, che ho detto la mia.
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L’Isola Incantata.37
La Fata Merlila.,.87
Ruspino.133
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CUORE
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Edmondo DE AMICIS.
La prima copia di questo libro uscì il 15 ottobre 1886. Quando il 21 maggio 1904 fu
festeggiata la comparsa della trecentomillesima copia, il Marzocco di Firenze scriveva giu¬
diziosamente: “Quando un’opera vince la terribile prova di un ventennio e seguita più che
mai ad interessare, a commovcre piccini e grandi, dotti ed ignoranti, nazionali e stranieri
(e gli stranieri, è stato detto, sono in parte la posterità virente), convien dire ch'ella possiede
uplle sue latebre un magico aroma che la salva da invecchiamento precoce, uno spirito sottile
che si ribella alla corruzione lenta e fatale della materia. Codesto aroma è quello dell’arte,
codesto spirito è quello dell’artista, che tende a sopravvivere, come nel suo più degno ricet¬
tacolo, nell’opera propria. E così Cuore vive e vivrà per molti anni ancora indipendentemente
dalla fama del suo autore, dalla scuola, dall’editore, da circostanze favorevoli di tempo e di
luogo, da giudizi sarcastici di iconoclasti come da apologie di panegiristi utilitari, per quel¬
l'alito misterioso di personalità artistica che Edmondo De Amicis vi ha infuso. „
Dopo soli sei anni, nel 1910, con successo crescente, il Cuore ha superato le 500 000
copie. In quest’occasione fu pubblicata un’edizione speciale soprannominata l'edizione del
mezzo milione, che è un volume in carta distinta, col ritratto dell’autore nell’anno in
cui scrisse il Cuore, e con un fascicolo dei facsimili dei frontispizi, riprodotti fotografica¬
mente, delle venticinque traduzioni.
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LETTURE SCELTE
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Parte Prima. Fanciulli e Soldati (La Vita Mi¬
litare). - Compagnie e battaglie infantili (Ricordi
d'infanzia e di Scuola). - (Garibaldino fallilo (Me¬
morie). - l.a Madre (La Vita Militare). - La senti
nella (La Vita Militare). - L'entrata dell’esercito
Italiano in Noma (Ricordi del 187D-71).
Parte Seconda. Il forte, di Finestrelle (Alle
Porte d'Italia). - Sulle grandi Alpi (Nel Regno del
Cervino). - <Guide alpine (Nel Regno del Corvino).-
(Gli emigranti (Sull'Oceano). - I n transatlantico
(Sull’Oceano). - Una tempesta sull’ Oceano (Sul¬
l'Oceano). - Un morto in mare (Sull’Oceano). - Fella
Pampa Argentina (Memorie). - I na cavalcata al
Marocco (Marocco). - La cattedrale di Hurgos (Spa¬
gna) - Cordova (Spaglia). - Case. Olandesi (Olanda)
- Sehereningen (Olanda). - Un curioso incontro in
Olanda (Olanda) - l’arrivo a Costantinopoli (Co¬
stantinopoli). - Il ponte, di Calata (Costantinopoli).
- L'entrata dei Turchi in Santa Sofia (Costanti¬
nopoli).
Parte Terza. 7 desideri dei ragazzi (Ricordi d'in¬
fanzia o di Scuola). - Il gioco del /tallone (Pagine
allegre). - JAubriaehezza (Pagine allegre). - Musica
mendicante (Nel Regno «lei Cervino). - hi tramai (La
carrozza di tutti): l duo bambini. Il tranvai educativo.
Una corsa memorabile. La colazione di tìiors. Notte
estiva. - L’ultimo amico (Nel Regno del Cervino)
l'arte Quarta. Simpatia (Capo d'anno, pagine
parlate). - L'orgoglio (Gli Amici, voi. 1). - I laceri
dell’amicizia (Oli Amici, voi. I). - Le lettere degli
amici (Oli Amici, voi. II). - Cariar bene (L’Idioma
Gentile): La lingua e l'amor proprio. Per imparare
a parlar bene. La lingua italiana in famiglia. A cia¬
scuno il suo. 11 malanno deU’atleltazione. Bella mu¬
sica sonata male. Stretti Anale. - Fra italiani (Gli
Amici, voi. 11).
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Ull t v dol Utili tlv^aolUlU, CASELLA. Con 19 incisioni a due colori tirate
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